CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA Sezione civile La Corte di Appello di L'Aquila, Sezione civile, composta dai seguenti magistrati: dott. Ciro Marsella Presidente, rel. est.; dott.ssa Barbara Del Bono, consigliere; do.ssa Mariangela Fuina, consigliere. Ha pronunciato la seguente ordinanza ex art. 23, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87 nella causa civile di secondo grado, iscritta al n. 1114/2022 R.G. ed assegnata a decisione all'udienza tenutasi con modalita' cartolare in data 11 luglio 2023, vertente tra il Condominio Giusti, in persona dell'amministratore pro tempore rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Camerini, come da procura in atti, appellante-appellato incidentale e Ars Mechanica s.r.l., Alaggio Rocco, Di Fabio Franco, Fusco Felice, Sista Maurizio e Testa Alessandro rappresentati e difesi dall'avv. Rosario Panebianco, come da procura in atti, appellati-appellanti incidentali. oggetto: appello avverso la sentenza n. 600/2022 pubblicata dal Tribunale di L'Aquila in data 14 settembre 2022 La Corte osserva in fatto e diritto quanto segue Il Condominio appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe la quale, in parziale accoglimento della domanda proposta dagli odierni appellati nei suoi confronti, lo ha condannato al pagamento in loro favore della somma complessiva di euro 312.607,55 oltre svalutazione ed interessi legali. Lo svolgimento del primo grado di giudizio risulta esposto esattamente e compiutamente dalla sentenza gravata nel modo che segue. Con atto di citazione ritualmente notificato, la societa' di ingegneria Ars Mechanica s.r.l. ed i relativi soci convenivano in giudizio il Condominio Giusti, esponendo di essere stati incaricati dallo stesso di effettuare tutte le attivita' propedeutiche e necessarie ad ottenere il contributo pubblico per la riparazione dell'edificio condominiale, gravemente danneggiato dal noto sisma del 2009 con esito di agibilita', provvedendo a stesura del progetto, direzione lavori e contabilita'. In data 20 giugno 2011 veniva sottoposto all'assemblea il progetto di riparazione con miglioramento sismico, che permetteva di conseguire un livello di sicurezza pari al 60% di quello previsto dalle NTC (Norme Tecniche per le Costruzioni) del 2008, il cui costo complessivo sarebbe stato eccedente l'indennizzo massimo ottenibile; i condomini optavano quindi per la sostituzione edilizia, chiedendo ai progettisti di predisporre il relativo progetto ed assegnando loro un termine di trenta giorni a tal fine; i tecnici precisavano come per poter accedere al contributo pubblico per la sostituzione occorresse in ogni caso la previa presentazione del progetto di riparazione con miglioramento sismico, posto che la qualita' dei materiali dell'edificio esistente, come risultante dalle prove eseguite, non era tanto scadente da consentire di optare in via immediata per la demolizione e ricostruzione, tenuto conto anche della effettiva praticabilita' di tale opzione per gli edifici, come quello del Condominio Giusti, siti nel Centro storico, stante il contrasto interpretativo insorto sul punto tra l'Ufficio urbanistica e l'Ufficio ricostruzione del Comune; in ogni caso, era stata predisposta una ipotesi progettuale con particolare riguardo alla parte strutturale, gia' sottoposta alla Ditta appaltatrice Cons. Coop., la quale aveva anticipato che avrebbe potuto realizzare il nuovo edificio con l'importo del contributo massimo erogabile per la riparazione. Il progetto di riparazione con miglioramento sismico veniva presentato al Comune di L'Aquila in data 26 agosto 2011; tuttavia, a seguito dei rilievi presentati dalla Commissione ristretta dei condomini all'assemblea del 12 ottobre 2011, il Condominio stesso, alla successiva assemblea del 24 ottobre 2011, ove i progettisti depositavano una propria memoria, deliberava la revoca dell'incarico in ragione del venir meno del rapporto fiduciario, a seguito delle asserite inadempienze dei professionisti, nonche' l'affidamento del progetto di demolizione e ricostruzione ad altro professionista; tale delibera non veniva revocata dal Condominio, nonostante la lettera con richiesta di risarcimento inviata dai progettisti il 3 novembre 2011; indi, con successiva delibera del 23 marzo 2012, il Condominio affidava ai progettisti medesimi l'incarico di redigere gli elaborati necessari per rispondere alle osservazioni della P.A., nella specie la c.d. Filiera, sul progetto di riparazione presentato. Le attivita' svolte - progetto di riparazione con miglioramento sismico e risposta alle osservazioni anzidette - venivano regolarmente remunerate con la corresponsione del compenso pari ad euro 146.796,54 oltre accessori. Gli attori chiedevano quindi, ai sensi dell'art. 10, comma II, legge n. 143/1949, il risarcimento dei danni conseguiti alla revoca dell'incarico, siccome colpevole e quindi illegittima, non corrispondendo al vero quanto riportato dalla relazione della Commissione ristretta dei condomini del 12 ottobre 2011 e posto peraltro a base del recesso: gli attori medesimi, in particolare, contestavano l'assunto, contenuto in tale relazione, secondo cui essi progettisti, nonostante il Condominio avesse piu' volte manifestato la volonta' di procedere alla demolizione e ricostruzione, avevano predisposto unicamente un progetto di riparazione con miglioramento sismico con un livello di sicurezza pari al 60% di quello previsto dalle NTC 2008, che il Condominio aveva approvato e poi depositato in Comune unicamente per l'imminente scadenza al 30 giugno 2011 del termine per il deposito; parimenti infondato, secondo i progettisti, era l'assunto, sempre contenuto nella citata relazione, secondo cui non sarebbe stato rispettato il termine di trenta giorni (in se' non congruo ed attuabile ne', peraltro, necessario), dato che la redazione del progetto di riparazione con miglioramento sismico dell'edificio era comunque necessaria per consentire alla pubblica amministrazione di valutarne i costi e, dunque, il superamento o meno del limite di convenienza, onde determinare l'importo del contributo pubblico concedibile; d'altra parte, la possibilita' di accedere all'opzione di demolizione e ricostruzione appariva all'epoca incerta, essendo l'edificio compreso nel Centro storico, trattandosi di questione risolta positivamente solo con la Circolare a firma congiunta dei dirigenti dei Settori ricostruzione e urbanistico del Comune del 31 dicembre 2011; ancora, alla citata assemblea del 20 giugno 2011, i condomini avevano potuto visionare uno stralcio del progetto del nuovo edificio, che i progettisti avevano gia' sottoposto alla impresa appaltatrice Cons. Coop., la quale aveva asserito di poter demolire e ricostruire l'edificio con il contributo pubblico senza chiedere costi aggiuntivi ai Condomini. Pertanto, gli attori chiedevano il risarcimento del danno patrimoniale costituito dal lucro cessante, pari al compenso che avrebbero conseguito per il progetto di demolizione e ricostruzione, con annesse pratiche catastali, determinato sulla base della Convenzione ordini professionali e Dipartimento protezione civile, pari ad euro 312.607,55 oltre oneri previdenziali ed iva; nonche' del danno non patrimoniale all'immagine professionale, quantificato in pari misura, dato che le delibere assembleari contenenti gli asseriti inadempimenti dei progettisti erano confluite nel fascicolo del procedimento attinente l'erogazione del contributo, liberamente consultabile da tutti coloro, tecnici od impiegati della Filiera, che fossero a vario titolo interessati all'appalto. Gli stessi, in subordine, nel caso di reiezione della domanda risarcitoria, chiedevano la maggiorazione del compenso nella misura del 25% prevista a titolo indennitario dal combinato disposto degli articoli 10, I comma e 18 legge n. 143/1949. Si costituiva in giudizio il Condominio, il quale eccepiva in via preliminare la carenza di legittimazione attiva degli attori ingg. Franco Di Fabio, Rocco Alaggio, Maurizio Sista, Alessandro Testa ed arch. Felice Fusco: cio' per essere i rapporti contrattuali del Condominio intercorsi unicamente con Ars Mechanica s.r.l., quantomeno a decorrere dal 9 aprile 2010, come risultante dal verbale di assemblea in pari data prodotto da parte attrice, sebbene lo stesso non fosse mai stato posto in forma scritta come piu' volte richiesto dall'Assemblea e, peraltro, senza che la societa' avesse mai precisato la ripartizione degli incarichi e/o fornito le garanzie assicurative in punto di responsabilita' professionale; eccepiva altresi', il Condominio, la nullita' del contratto stipulato con la societa', siccome contrario al divieto di svolgere l'attivita' de qua nella forma delle societa' commerciali prevista dalla legge n. 1815/1939 e successive modifiche, venuto meno solo con la legge n. 183/2011, art. 10, comma II e con decorrenza dal 1° gennaio 2012; nel merito, indi, quanto all'oggetto del contratto, adduceva che dalla disamina delle delibere assembleari in atti emergeva come il contratto stesso avesse avuto ad oggetto unicamente il progetto di riparazione con miglioramento sismico e, successivamente, la redazione delle osservazioni richieste nell'istruttoria amministrativa dello stesso, entrambi pacificamente retribuiti; ancora, contestava che l'oggetto del contratto investisse anche il progetto per la demolizione e ricostruzione, dato che l'incarico a tal fine affidato all'assemblea del 20 giugno 2011 con termine di trenta giorni non era stato accettato dalla Ars Mechanica s.r.l., la quale non aveva esibito in quella sede ai condomini alcun progetto di ricostruzione (essendo le e-mail prodotte in atti intercorse con soggetto diverso dal Condominio), ne' lo aveva mai predisposto; onde cio' che era stato oggetto di successiva revoca il 20 novembre 2011 non era stato l'incarico bensi' la mera proposta contrattuale, con la conseguente inapplicabilita' del disposto dell'art. 10 legge n. 143/1949, sia riguardo all'indennizzo che riguardo al risarcimento: l'incarico conferito nella specie, ossia quello di progettazione della riparazione con miglioramento sismico, non aveva subito alcuna revoca o sospensione; in ogni caso, il Condominio stesso deduceva l'infondatezza della domanda di risarcimento, difettando il carattere della colpevolezza del recesso, dato che le affermazioni contenute nella relazione dei condomini costituivano mere ricognizioni di fatti accaduti; inoltre, era infondato l'assunto di parte attrice secondo cui la normativa emergenziale imponesse la previa redazione, comunque, di un progetto di riparazione con miglioramento sismico per poter accedere al contributo per la demolizione e ricostruzione, ne' risultavano sussistenti i dubbi interpretativi dei vari uffici comunali in ordine alla possibilita' di procedere alla demolizione e ricostruzione del Condominio Giusti in quanto sito in Centro storico, essendo tale possibilita' gia' prevista anche dal provvedimento Comunale n. 3384/2010 del 13 gennaio 2010 pubblicato il 17 dicembre 2010 nonche', in generale, dalla delibera comunale n. 78 del 4 luglio 2011; il progetto di ricostruzione avrebbe dovuto o almeno potuto essere presentato insieme a quello di riparazione, come evincibile dall'elenco dei documenti da allegare alla domande di contributo di cui al decreto del commissario delegato n. 40 del 4 febbraio 2011 ed alla relativa circolare applicativa n. 3415/STM del 27 luglio 2011, redatta a chiarimento degli incombenti necessari per le domande di sostituzione edilizia. Il Condominio aveva invece presentato la domanda di contributo alla stregua dell'art. 4 OPCM n. 3978 dell'8 novembre 2011 prevedente, in caso di opzione per la sostituzione edilizia, il deposito del progetto entro novanta giorni dal riconoscimento del contributo, mentre era ovvio il prioritario interesse dei condomini a rientrare il prima possibile nelle proprie case, come avvenuto solo nel 2016, circa due anni piu' tardi rispetto agli altri edifici compresi nella stessa area di Santa Maria di Farfa. Ancora, ad avviso del Condominio, parte attrice non aveva mai fornito legaranzie assicurative in punto di responsabilita' professionale; la proposta di intervento di cui all'assemblea del 7 ottobre 2010 non era stata sottoposta previamente ai condomini e mancava di alcune tavole; ne' parte attrice aveva mai ottemperato agli inviti a sottoporre ai condomini i progetti prima delle assemblee e neppure rispettato il termine di trenta giorni. Assegnatole all'assemblea del 20 giugno 2011; l'impresa aveva fatto redigere a terzi il computo metrico (come risultante dalla e-mail agli atti); la scadenza del termine per la presentazione del progetto di riparazione era fissata originariamente per il 30 giugno 2011 ed era stata solo in pari data prorogata con apposito provvedimento; la revoca risultava pertanto legittima, alla luce della grave negligenza della stessa societa'. Il Condominio deduceva poi che, sebbene non redatto in forma scritta, il contratto inter partes recepiva il modello di Convenzione ordini professionali e Dipartimento protezione civile, il cui art. 15, impropriamente denominato rescissione del contratto, attribuiva alla committente il diritto di recedere dal contratto in caso di ritardi e/o inadempimenti del professionista, con obbligo di pagamento proporzionale delle prestazioni effettivamente svolte e facendo salvo il risarcimento del danno patito dal committente a causa dell'inadempimento; deduceva, altresi', che l'esistenza di un accordo in ordine al compenso escludeva la possibilita' di richiedere l'indennizzo ai sensi dell'art. 10, comma I, legge n. 143/1949; contestava, infine, la sussistenza del preteso danno all'immagine, rilevando in particolare che il solo verbale assembleare consegnato dal Condominio al Comune era quello del 20 giugno 2011, il quale non conteneva alcun riferimento al recesso. Pertanto, il Condominio concludeva chiedendo dichiararsi la carenza di legittimazione attiva degli attori persone fisiche, l'accertamento della nullita' dei contratti inter partes e, comunque, il rigetto delle avverse pretese. Assegnati i richiesti termini ex art. 183 VI comma codice di procedura civile - avvalendosi dei quali parte attrice formulava una domanda subordinata di indennizzo ex art. 2041 codice civile per l'ipotesi di ritenuta nullita' contrattuale, contestando altresi' la dedotta insussistenza di un incarico complessivo comprendente anche la progettazione della ricostruzione - la causa veniva istruita con prove documentali ed orali: in particolare, mediante l'interrogatorio formale dell'Amministratore del Condominio (Basile), il quale negava che i progettisti avessero portato all'assemblea del 24 ottobre 2011 gli elaborati grafici inerenti la ricostruzione e che egli si sarebbe rifiutato di riceverli; nonche' mediante l'assunzione dei testi di parte attrice: Castellucci, moglie del Sista, la quale riferiva che all'assemblea del 24 ottobre 2011 i progettisti avevano portato cinque o sei voluminose cartelle, che furono aperte ed esibite all'assemblea mostrando degli elaborati progettuali, prospetti di facciata, e che l'Amministratore non volle essere presente; teste Di Carlo Montignani, altra condomina, che in detta assemblea riferiva che i progettisti portarono delle cartelle, dicendo che contenevano i progetti ultimati, ma l'amministratore rifiuto' di prenderli per intervenuta scadenza del termine, dichiarando di non aver visto i contenuti della suddette cartelle; entrambe riferivano poi che nel maggio-giugno 2011 videro separatamente i progetti dei rispettivi appartamenti; indi, all'esito dell'istruttoria svolta, la causa veniva trattenuta in decisione. In motivazione, il primo giudice ha svolto le seguenti argomentazioni in fatto e in diritto. §A. Non sussiste affatto la nullita' del contratto dedotta dal Condominio - contratto inizialmente stipulato coi progettisti e poi ceduto alla Ars Mechanica col consenso del Condominio stesso come da delibera in data 9 aprile 2009 - avendo la Suprema Corte, con la recente sentenza n. 22534/2022, a modifica del precedente orientamento in materia, enunciato il seguente principio di diritto: «il contratto concluso tra soggetti privati e societa' di ingegneria, costituite in forma di societa' di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in forma di societa' cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro quinto del codice civile non e' affetto da nullita' assoluta, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 del codice civile, per avere ad oggetto attivita' riservate al professionista (ingegnere o architetto) iscritto all'albo e vietate alle societa' di capitali od alle cooperative». §B. Quanto all'oggetto del contratto stipulato nel 2009 - pacifico essendo il successivo conferimento di incarico per rispondere alle osservazioni presentate dalla pubblica amministrazione - non puo' condividersi l'assunto del Condominio secondo cui esso ebbe ad oggetto unicamente il progetto di riparazione con miglioramento sismico: cio' in quanto, sebbene le parti non abbiano mai formalizzato per iscritto l'intero contenuto del negozio e debba quindi ricostruirsene la volonta' sulla base delle delibere assembleari versate in atti, oltre che della loro complessiva condotta tenuta anche successivamente, un'interpretazione di buona fede, che valorizzi sia l'intenzione delle parti, sia l'interesse dei condomini che il contratto serviva a soddisfare, cioe' quello di recuperare l'agibilita' delle proprie abitazioni pregiudicate dal sisma, usufruendo dei contributi pubblici previsti dalla normativa del dopo sisma (decreto-legge n. 39/2009 convertito in legge n. 77/2009, attuata con le numerose OOPPCCMM emanate successivamente), «induce a ritenere che l'oggetto della prestazione affidata alla parte attrice abbracciasse in realta' ed alternativamente entrambe le soluzioni possibili a tale fine, ossia riparazione con miglioramento sismico o demolizione e ricostruzione». §C. E' pur vero che nella delibera assembleare del 13 luglio 2009 si conferisce ai tecnici in essa indicati l'incarico citato nel punto primo dell'o.d.g., prevedente la valutazione dei danni subiti dal sisma del 6 aprile 2009, la direzione dei lavori, il controllo strutturale e la responsabilita' dei lavori, senza operarsi espresso riferimento alla progettazione; tuttavia, deve ritenersi che anche tale ultima prestazione fosse inclusa, stante che la direzione dei lavori non e' configurabile qualora i lavori stessi non siano stati previamente progettati, non risultando peraltro che il Condominio avesse nominato altri tecnici per svolgere tale indispensabile prestazione; ancora, la proposta di intervento sull'edificio condominiale presentata al Comune di L'Aquila, affinche' fosse inserita nel programma di ripristino «a breve» previsto per il Centro storico, includeva alternativamente sia la riparazione con miglioramento sismico che la ricostruzione. §D. A fronte della intervenuta revoca dell'incarico di cui alla delibera assembleare del 24 ottobre 2011, gli attori chiedono in via principale il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 10 comma II legge n. 143/1949, assumendo il carattere colpevole del recesso da parte del committente. Tale norma si applica - secondo la Suprema Corte - non solo ai casi di «sospensione» dell'incarico testualmente previsti per l'ingegnere o architetto, ma anche alle ipotesi di recesso del committente: si tratta di una disposizione contenuta in legge speciale, fatta salva espressamente dall'art. 2230 comma secondo del codice civile; peraltro, il diritto al risarcimento o architetto non deriva dal fatto puro e semplice del recesso del committente, occorrendo che questo sia colpevole. §E. Il recesso del committente va ritenuto colpevole e, quindi, illegittimo, se non sorretto da una giusta causa, cioe' da un inadempimento del professionista, facendo cosi' sorgere il diritto al risarcimento del danno. Nella specie, l'inadempimento addotto dal Condominio a base del recesso e' costituito dal fatto che i professionisti non avessero predisposto il progetto di ricostruzione dell'edificio, nonostante si trattasse della scelta piu' volte manifestata dai condomini: cio' neppure a seguito della richiesta di predisporre una bozza del progetto stesso entro trenta giorni, formulata all'assemblea del 20 giugno 2011, in cui veniva indi approvato il solo progetto predisposto, cioe' quello di riparazione con miglioramento sismico, data l'incombente scadenza del termine per la presentazione. In buona sostanza, secondo il Condominio - opina la sentenza gravata - si poteva procedere alla diretta predisposizione del solo progetto di demolizione e ricostruzione: «assunto avallato dal provvedimento del Comune di L'Aquila n. 3384/10 del 13 gennaio 2010 pubblicato il 17 dicembre 2010, che avrebbe rimesso in sostanza la scelta agli stessi progettisti e nell'insussistenza di problematiche di tipo urbanistico, alla stregua dell'art. 30 legge n. 18/1983, dell'art. 30 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, della delibera del Consiglio comunale n. 108/09 e come da ultimo specificato dalla circolare n. 78 del Comune del 4 luglio 2011 (vd. nota comitato ristretto condomini verbale assemblea del 12 ottobre 2011 e verbale assembla del 24 ottobre 2011, all.ti 9,10 11 fasc. attoreo)». §F. Gli attori sostengono, invece, la infondatezza degli addebiti loro mossi, dovendo essi procedere necessariamente alla previa redazione di un progetto di riparazione con miglioramento sismico e, peraltro, sussistendo uno specifico profilo di problematicita' relativo alla eventuale demolizione e ricostruzione dell'edificio Giusti, dal momento che esso era situato nel Centro storico e che sul punto era insorta una divergenza interpretativa tra il settore urbanistico del Comune e quello deputato all'emergenza sisma. §G. Posto quanto precede, secondo il primo giudice va ritenuta la insussistenza - lamentata dai professionisti - degli addebiti loro mossi. Difatti, il citato provvedimento comunale n. 3384/10 del 13 dicembre 2010 pubblicato il 17 dicembre 2010, con riferimento alla proposta di intervento sull'immobile, ricadente nella Zona di intervento di risanamento conservativo e avente ad oggetto ristrutturazione edilizia con miglioramento o eventuale demolizione e ricostruzione, pur rilevando «la parziale difformita' della proposta allo strumento urbanistico vigente, ricadendo l'intervento nella Zona A - Centro storico della citta' art. 54-57 NTA dove sono previsti interventi di restauro e risanamento conservativo», accoglieva la proposta di intervento sull'edificio acquisita agli atti del Comune, ritenuta compatibile col piano di ricostruzione dei Centri storici previsto dal decreto del Commissario delegato n. 3/2010, tuttavia «rinviando agli esiti della valutazione tecnica ex art. 5 OPCM n. 3881/10 la definitiva verifica della natura edilizia dell'intervento proposto e la sua conformita' con il PRG al fine di attivare la piu' idonea procedura finalizzata alla realizzazione dello stesso». In altri termini, la scelta tra le due possibilita' prospettate (riparazione/ricostruzione) era rinviata sia alla valutazione tecnica da compiersi ai fini del contributo pubblico alla stregua dell'art. 5 OPCM 3881/2010 da parte degli organi della pubblica amministrazione deputati all'esame delle domande di contributo (all'epoca la c.d. Filiera Fitecna Cineas ReLuis), sia al vaglio di compatibilita' con il PRG e, dunque, non alla mera scelta dei progettisti. Sotto il primo profilo, secondo la sentenza gravata e' corretta la deduzione attorea in ordine alla necessita' di predisporre previamente un progetto di riparazione con miglioramento sismico, al fine di verificare il c.d. limite di convenienza e l'entita' del concedibile per l'intervento di demolizione e ricostruzione, trattandosi di quanto previsto dall'art. 5 commi I e IV OPCM n. 3881/2010. E' vero che la successiva OPCM n. 3889/2010 modificava il testo del V comma dell'art. 5 OPCM n. 3881/2010, escludendo la necessita' di valutare la convenienza economica nei casi ivi previsti, tra cui quelli dell'edificio in cui le prove compiute sul cemento armato fossero inferiori agli 8 Mega Pascal; ma non si tratta del caso di specie, dato che gli esiti delle prove agli atti attestavano valori eccedenti detto limite sia per le travi che per i pilastri: circostanza, questa, illustrata ai condomini all'assemblea del 20/06/11, ove si spiegava che le prove eseguite attestavano che i materiali erano di scarsa qualita', ma non cosi' bassa da permettere l'immediato accesso alla demolizione e ricostruzione. Sotto il secondo profilo, la citata OPCM n. 3881/2010 fa salvi i vincoli esistenti, ponendo cosi' il problema della praticabilita' di un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio posto nel Centro Storico; d'altra parte, esistevano effettivamente, sul punto, dubbi interpretativi e divergenze tra i vari settori del Comune coinvolti nella ricostruzione, come desumibile dal fatto che prima vi fu un intervento esplicativo del Comune con la circolare n. 78 del 4 luglio 2011, emanata peraltro a ridosso della scadenza per la presentazione delle domande di contributo del 31 agosto 2011; e, successivamente, una circolare congiunta dei dirigenti del Settori emergenza sisma e ricostruzione privata e del Settore edilizia del 22 dicembre 2011 la quale, per la zona A del PRG in cui si trovava il Condominio Giusti, ossia il Centro storico, prevedeva che la possibilita' di demolizione e ricostruzione fosse subordinata, per gli edifici non aventi interesse artistico, al superamento del limite di convenienza di cui alla OPCM n. 3881/2010. §H. Ne' puo' dirsi - secondo il primo giudice - che i condomini si fossero convinti univocamente della necessita' di demolizione e ricostruzione in base al verbale del 23 maggio 2011, dato che in tale sede si esponeva semplicemente una possibilita' non ancora verificata, costituita dall'impossibilita' di raggiungere il minimo di sicurezza sismica per la riparazione. Trattandosi allora di questioni che apparivano alquanto complesse, «era proprio percio' doveroso provvedere con attenzione e cautela nel vagliare l'operato dei progettisti e la correttezza della loro prestazione; ne' appaiono poi rilevanti le ulteriori doglianze dedotte dal Condominio in questa sede (alcune neppure menzionate nella citata nota del comitato dei Condomini e non in nesso causale col recesso) ne', in particolare, la mancata predisposizione del progetto di ricostruzione entro il termine di trenta giorni previsto all'assemblea del 20 giugno 2011 ne' entro la successiva assemblea del 24 ottobre 2011, trattandosi di un aspetto di scarsa importanza rispetto all'interesse dei Condomini: il progetto di ricostruzione avrebbe dovuto comunque confortarsi con le determinazioni della Filiera all'esito dell'esame del progetto di riparazione ed attendere la conclusione del relativo procedimento, da cui sarebbero poi decorsi i novanta giorni per la presentazione del progetto del nuovo edificio (cosa avvenuta solo nel febbraio 2013, ed all'esito della risposta alle osservazioni formulate dalla P.A., cui provvide la parte attrice su richiesta del Condominio, vd. all.24 fasc. attoreo) sicche' non aveva una reale ed apprezzabile utilita' dei Condomini ad esaminarlo in un tempo cosi' stringente». §I. Conclusivamente, non essendo il recesso assistito da giusta causa, sussiste il diritto di parte attrice al risarcimento dei conseguenti danni; «sul punto, se e' provato il danno da lucro cessante, consistente nella perdita della somma netta costituente il compenso previsto per le successive attivita' ad altri affidate, opportunamente decurtato in conformita' alle previsioni dell'accordo Protezione civile/Ordini professionali per le prestazioni inerenti la ricostruzione post-sisma nella misura di euro 312.607,55, con rivalutazione (trattandosi di debito di valore) ed interessi al tasso legale che appare opportuno far decorrere dal momento in cui il compenso non conseguito per effetto della revoca sarebbe stato presumibilmente incassato; il Condominio ha allegato come i condomini rientrarono in possesso delle proprie case del 2016, affermazione non contestata; deve desumersi che alla data indicata i lavori fossero tutti conclusi e quindi certamente maturato il diritto al compenso e non avuto per effetto dell'illecito; si reputa pertanto di far decorrere gli accessori dal 1° gennaio 2016, da calcolarsi secondo i noti criteri di cui alla sentenza SS.UU.1712/95». §L. Da ultimo, per il Tribunale non vi e' invece prova alcuna dell'asserito danno alla reputazione professionale, dato che per un verso non e' stata contestata l'affermazione di parte convenuta secondo cui il verbale assembleare contenente il recesso non era stato prodotto al fascicolo amministrativo della ricostruzione; per altro verso e comunque, non era stata fornita alcuna prova di un qualche discredito della parte attrice a seguito del recesso. Avverso tale sentenza ha interposto appello il Condominio Giusti, affidandolo ai seguenti motivi: §1. Illegittimita' costituzionale dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124 del 14 agosto 2017 (Legge sulla concorrenza) entrati in vigore il 29 agosto 2017, per violazione degli articoli 3, 24 e 41, commi 2 e 3, della Costituzione; per cui, all'esito della pronuncia della Corte costituzionale, dichiarazione della nullita' di tutti i contratti d'opera intellettuale intercorsi tra la s.r.l. Ars Mechanica e il Condominio Giusti, con ogni conseguenziale statuizione. §2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. del codice civile nell'individuazione dell'oggetto dell'incarico affidato alla Ars Mechanica s.r.l.; falsa rappresentazione dei fatti di causa; contraddittorieta' manifesta. §3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 legge n. 143/1949: omessa pronuncia sulla questione di non applicabilita' alla fattispecie della legge professionale. §4. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 legge n. 143/1949: errata rappresentazione dei fatti di causa. Pertanto, il Condominio appellante ha formulato le seguenti conclusioni: «Voglia la Corte adita, contrariis rejectis, in riforma della sentenza impugnata, e previa sospensione della esecutivita' della stessa: 1) sollevare la questione di legittimita' costituzionale dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124 del 14 agosto 2017 (legge sulla concorrenza) entrati in vigore il 29 agosto 2017 per violazione dell'art. 3 e 24 della Costituzione e dell'art. 6 e, all'esito della pronuncia della Corte costituzionale, dichiarare la nullita' di tutti i ctratti d'opera intellettuale intercorsi tra la s.r.l. Ars Mechanica e il Condominio Giusti, con ogni conseguenziale statuizione; 2) in ogni caso, rigettare le domande proposte in prime cure dagli appellati, in quanto infondate in fatto e in diritto; 3) con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese e competenze del doppio grado del giudizio». Parte appellata ha chiesto l'accoglimento delle seguenti conclusioni: in via preliminare, accertarsi il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore del Condominio Giusti - dato che la delibera assunta dall'assemblea dei condomini in data 27 ottobre 2022 per il conferimento della procura al legale per la proposizione della lite era stata adottata in carenza del quorum deliberativo previsto dall'art. 1136 codice civile e costituito, in particolare, dal voto favorevole di condomini rappresentanti almeno la meta' del valore dell'edificio, laddove i n. 8 condomini intervenuti rappresentavano solamente 499,19 millesimi - e, per l'effetto, dichiararsi nulla e/o inammissibile l'impugnazione della sentenza gravata; nel merito, respingersi l'appello del Condominio Giusti siccome inammissibile e comunque infondato in fatto e in diritto, previa declaratoria della irrilevanza e/o della manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124 del 14 agosto 2017 sollevata dal Condominio appellante e, per l'effetto, confermarsi la sentenza impugnata; in via subordinata, nel caso di denegato accoglimento dell'appello, condannare il Condominio Giusti al pagamento in favore dei deducenti della somma di euro 36.699,14, oltre oneri accessori di legge, a titolo di indennizzo previsto dagli articoli 10, comma 1, e 18, comma 1, della legge n. 143/1949; in accoglimento dell'appello incidentale condizionato, nel caso di declaratoria della nullita' dei contratti d'opera intellettuale intercorsi tra Ars Mechanica s.r.l. e il Condominio Giusti, in parziale riforma della sentenza impugnata, riconoscersi la legittimazione attiva degli ingg.ri Rocco Alaggio, Francesco Di Fabio, Maurizio Sista, Alessandro Testa e dell'arch. Felice Fusco, soci della societa' di ingegneria Ars Mechanica s.r.l., a vedersi attribuire in danno del Condominio Giusti le somme gia' liquidate dalla sentenza di primo grado per le causali in essa affermate; in ogni caso, con la condanna del Condominio Giusti al pagamento degli onorari e delle spese del giudizio, ivi compreso il 15% per spese generali e oneri accessori, come per legge. All'udienza del giorno 11 luglio 2023, celebrata con le modalita' della trattazione cartolare, la causa e' stata assunta in decisione, con l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 del codice di procedura civile. La questione di illegittimita' costituzionale dei commi 148 e 149 della legge n. 124 del 14 agosto 2017 (Legge sulla concorrenza), entrati in vigore il 29 agosto 2017, per violazione degli articoli 3, 24 e 41, commi 2 e 3, Cost. - questione in cui si sostanzia il primo motivo dell'appello principale - va ritenuta non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio in corso, cosi' integrando i requisiti previsti dalla legge (art. 1 legge Costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948 e art. 23, comma 2, legge n. 87 dell'11 marzo 1953) per la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale: cio' alla luce delle considerazioni di seguito svolte, che ricalcano l'iter logico-giuridico sviluppato dall'appellante medesimo. Invero, il Tribunale adito ha, in primo luogo, dato atto che il Condominio Giusti non ha mai intrattenuto rapporti con i soci della s.r.l. Ars Mechanica e che i rapporti intercorsi con quest'ultima non sono mai stati formalizzati (va, infatti, evidenziato che, nonostante le ripetute richieste, la societa' di ingegneria non ha mai indicato ne' la ripartizione degli incarichi tra i soci, ne' ha voluto fornire gli estremi della polizza assicurativa professionale della societa' o dei singoli soci, obbligatoria ex art. 3 della legge n. 138/2011, convertita con modificazioni nella legge n. 148/2011). Con riguardo al merito, il Giudice unico ha rigettato l'eccezione di nullita' dei contratti d'opera professionale conclusi tra privati e societa' di ingegneria, trascrivendo parte della sentenza n. 22534 del 18 luglio 2022 con la quale la Suprema Corte, a seguito dell'intervenuta entrata in vigore del combinato disposto dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124/2017, ha dichiarato, modificando il consolidato orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimita', la validita' dei contratti d'opera professionale tra privati e societa' di ingegneria in forma di societa' di capitali a far data dall'entrata in vigore della legge n. 266 del 7 agosto 1997. Deve allora premettersi una ricostruzione pur sintetica della normativa che ha regolato nel tempo la materia de qua. Il divieto di svolgere attivita' professionale tecnica, legale e tributaria in forma societaria, gia' introdotto dall'art. 2 della legge n. 1815/1939 e successive modificazioni, e' stato abrogato dall'art. 24 comma 1 legge n. 266/1997 il quale, peraltro, rinviava ad un apposito regolamento ex art. 17 comma 3 legge n. 400/1988, n. 400, del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e, per quanto di competenza, con il Ministro della sanita' - da emanarsi entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della stessa disposizione - per l'individuazione dei requisiti e delle modalita' per l'esercizio delle attivita' di cui all'art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 in forma societaria. Sennonche', a tale norma non ha mai fatto seguito l'emanazione del decreto anzidetto; ragione per cui, ferma l'abrogazione del divieto di esercitare le professioni in forma societaria, la mancata emanazione della disciplina attuativa in ordine alle societa' tra professionisti ha determinato l'impossibilita' di fatto, da parte delle societa' di ingegneria, di operare nei confronti dei privati. Indi, e' stato emanato il decreto-legge n. 223/2006, convertito dalla legge n. 248/2006), il cui art. 2 consentiva di svolgere attivita' di ingegneria alle societa' di persone ed alle associazioni tra professionisti, senza tuttavia estendere tale possibilita' anche alle societa' di capitali. Successivamente, l'art. 2 comma 1 del decreto-legge n. 200/2008 disponeva l'abrogazione della intera legge n. 1815/1939; ma l'efficacia di tale normativa veniva ripristinata dall'art. 1 della legge di conversione del citato decreto-legge n. 200/2008, cioe' la legge n. 9/2009. E' infine sopravvenuto l'art. 10 della legge n. 183/2011, il quale ha definitivamente abrogato il divieto di svolgere attivita' professionale tecnica, legale e tributaria in forma societaria stabilito dalla citata legge n. 1815/1939 e successive modificazioni, consentendo espressamente la costituzione e l'operativita' delle societa' di capitali tra professionisti iscritti in albi, ordini e collegi (e, quindi, non solo di ingegneria), per lo svolgimento da parte dei soci dell'attivita' professionale riservata: disposizione, questa, che consente unicamente ai professionisti soci iscritti agli albi, agli ordini o collegi anzidetti, lo svolgimento dell'attivita' riservata, laddove la partecipazione alla societa' e' ammessa anche da parte di soggetti non iscritti allo scopo di investimento. Nella prospettiva cosi' delineata, deve allora ritenersi che nel periodo antecedente al 1° gennaio 2012 - data di entrata in vigore della citata legge n. 183/2011 - la mancata emanazione dell'apposito regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con quello della Sanita' e dell'Industria, commercio ed artigianato, abbia di fatto inibito gli effetti dell'abrogazione del divieto di cui all'art. 1 della legge n. 1815/1939, rimanendo cosi' precluso alle societa' di capitali lo svolgimento delle attivita' professionali; in particolare, relativamente alle societa' di ingegneria in forma di societa' di capitali, e' rimasto precluso l'esercizio dell'attivita' «riservata» nei confronti dei privati (cfr. Cassazione n. 9236/2007 e Cassazione n. 7310/2017). Da ultimo, peraltro, e' sopravvenuta la legge n. 124/2017 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), secondo il cui comma 148 «in applicazione dell'art. 24 comma 1 della legge 7 agosto 1997 n. 266, sono validi a ogni effetto i rapporti contrattuali intercorsi, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, tra soggetti privati e societa' di ingegneria, costituite in forma di societa' di capitali»; ed il cui comma 149 abroga espressamente il secondo comma dell'art. 24 della stessa legge n. 266/1997. Cio' posto, il suddetto comma 148 viene ritenuto norma di interpretazione autentica del primo comma dell'art. 24 della legge n. 266/1997 (cosi' Cassazione n. 22534/2022), con l'effetto di far retroagire la validita' dei contratti conclusi dalle societa' di ingegneria in forma di societa' di capitali con privati dalla data della sua entrata in vigore. Peraltro, la validita' ed efficacia dei contratti conclusi coi privati da societa' tra professionisti in forma di societa' di capitali va correlata non tanto o non solo all'abrogazione, da parte del primo comma dell'art. 24 legge n. 266/1997, del divieto di svolgere l'attivita' professionale in forma societaria di cui alla citata legge n. 1815/1939, quanto all'abrogazione del secondo comma dell'art. 24 della legge n. 266/1997, sintomatica della definitiva rinuncia da parte dell'esecutivo a disciplinare mediante apposito regolamento i requisiti e le modalita' per l'esercizio delle attivita' di cui all'art. 1 della pluricitata legge n. 1815/1939 in forma di societa' di capitali. In buona sostanza, la ratio sottesa alla introduzione del combinato disposto dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124/2017 va individuata in una sorta di convalida o sanatoria operata dalla legge in ordine ai contratti nulli conclusi coi privati dalle societa' di ingegneria in forma di societa' di capitali negli anni dal 1997 al 2012. A questo punto, deve valutarsi la sussistenza di quei presupposti considerati necessari per l'adozione di una norma di interpretazione autentica, comportante deroga al principio di cui all'art. 11 delle preleggi, secondo il quale «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha efficacia retroattiva». Va premesso al riguardo che il principio di irretroattivita' della legge, seppure affermato dalla carta costituzionale solo in ambito penale (art. 25, secondo comma, Cost.), e' considerato comunque un principio generale dell'ordinamento, il quale puo' essere derogato dalla fonte legislativa di rango primario solamente ove ricorrano determinate condizioni. Ma nella specie non ricorrono i presupposti ritenuti tradizionalmente necessari per l'emanazione di una norma di interpretazione autentica, costituiti dalla grave incertezza normativa e/o dai forti contrasti giurisprudenziali nell'applicazione della stessa. Invero, la normativa anzidetta, pur articolata, era adeguatamente chiara; ne' erano presenti anfibologie giurisprudenziali comportanti la necessita' o, almeno, la opportunita' dell'intervento del legislatore. Neppure puo' dirsi verificatosi il consolidamento di uno specifico orientamento giurisprudenziale che risultasse contrario a quanto disposto dal legislatore, vistosi dunque costretto, al fine di imporre la propria interpretazione, ad effettuare un intervento correttivo (cfr. Corte costituzionale n. 271/2011, n. 103/2013 e n. 69/2014): nella specie, difatti, e' stato proprio il mancato intervento per circa venti anni del legislatore, seppure con fonte di rango secondario, ad impedire l'operativita' dell'abrogazione del divieto di esercizio della professione in forma di societa' di capitali nel settore privato. Va aggiunto in proposito essere molto significativo come la Corte costituzionale, con una propria sentenza (la n. 155 del 1990), abbia ritenuto la norma al vaglio di «natura pseudo interpretativa» e, quindi, innovativa, statuendo che «va riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente». Nella prospettiva cosi' delineata, ai fini che qui interessano, non sembra possa allora dubitarsi che il combinato disposto dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124/2107 non abbia affatto chiarito un dubbio interpretativo - dubbio per vero insussistente, non essendovi alcuna difficolta' di interpretazione nell'abrogazione di un divieto e nella delega alla fonte secondaria di regolamentare la costituzione e l'operativita' dell'esercizio delle attivita' professionali riservate in forma societaria - ma abbia piuttosto innovato, in buona sostanza, entrambi i commi del citato art. 24 della legge n. 266/1997, conseguendone cosi' la legittimita' dello svolgimento in ambito privato della sola attivita' professionale ingegneristica. Nel detto ordine di concetti, quindi, non appare condivisibile quanto ritenuto dalla Suprema Corte nella sentenza n. 22534/2022, citata dalla decisione del Tribunale di L'Aquila oggi gravata, secondo cui le disposizioni normative innovative sopra citate «si pongono in continuita' con la legge n. 266 del 1997, art. 24 .... di cui il legislatore fornisce, con il comma 148, l'interpretazione autentica, chiarendo che l'efficacia temporale dell'abrogazione della legge n. 1815/1939, art. 2 disposta con la legge n. 266/1997, art. 24, comma 1, opera dalla data di entrata in vigore di detta legge ... e cioe' dall'«11 agosto 1997 ... escludendo la necessita' di un'ulteriore regolamentazione, come ritenuto sulla scorta della previsione del medesimo art. 24, comma 2». In buona sostanza - come opinato dall'odierno appellante - non sembra potersi ritenere che la norma abrogatrice del divieto generale di esercitare tutte le attivita' professionali in forma societaria, col rinviare alla fonte di rango secondario l'individuazione delle forme e modalita' di svolgimento, contenga in se' il precetto che le sole societa' di ingegneria in forma di societa' di capitali e non anche le societa' di professionisti in altri settori, ne' quelle di ingegneria in forma di societa' di persone, possono concludere coi privati, dall'entrata in vigore della legge, contratti validi ed efficaci, senza la necessita' di ulteriore regolamentazione, diversamente che per tutti gli altri settori e per le societa' di ingegneria in forma di societa' di persone. Sicche', le norme «interpretative» sopravvenute, facendo decorrere dal 1997 gli effetti della liberalizzazione totale dell'attivita' per le sole societa' di ingegneria nella forma di societa' di capitali, determinano una ingiustificata disparita' di trattamento non solo con le altre societa' di professionisti, ma anche con le societa' di ingegneria nella forma della societa' di persone. Ne' va sottaciuto come piu' volte la Corte europea dei diritti dell'uomo, in materia di legge interpretativa, ne abbia ritenuto l'illegittimita' nei casi in cui la stessa venga utilizzata dallo Stato come strumento di intromissione nel corretto svolgimento dell'amministrazione della giustizia, in violazione, quindi, dell'art. 6, par. 1 CEDU, al fine di ricavarne un esito favorevole (cfr. per tutte Arras e altri contro Italia, sentenza 14 febbraio 2012; nonche' De Rosa e altri contro Italia, sentenza 11 dicembre 2012). Sicche', la stessa Corte costituzionale, proprio richiamando la giurisprudenza europea formatasi sul punto, ha individuato una serie di motivi idonei a giustificare l'intervento legislativo interpretativo e, quindi, retroattivo; segnatamente, ha affermato che tale intervento deve considerarsi ragionevole qualora sia determinato da «ragioni storiche epocali» ovvero «per ristabilire un'interpretazione piu' aderente all'originaria volonta' del legislatore, al fine di porre rimedio ad un'imperfezione tecnica della legge interpretata» (cosi' Corte cost. sentenza n. 1 del 2011, che richiama a sua volta la precedente sentenza n. 311 del 2009; ancora, in ordine ai limiti alla retroattivita' delle norme interpretative, in ossequio al principio del giusto processo di cui all'art. 6 CEDU, cfr. Corte costituzionale sentenze nn. 308/2013, 170/2013 e 78/2012). Traslando i detti principi al caso in esame, vanno allora svolte le seguenti considerazioni: a) il combinato disposto dei commi 148 e 149 dell'art. 1. della legge n. 124/2017, oltre a non rientrare - come sopra evidenziato - nel concetto di norma di «interpretazione autentica» in forza del suo contenuto innovativo, non rispetta neppure quel criterio di «ragionevolezza» che consenta alla norma retroattiva di infrangere il principio di certezza del diritto, incidendo su situazioni giuridiche ormai acquisite: b) l'entrata in vigore dei commi 148 e 149 dell'art. 1 pluricitato ha comportato l'effetto di sanatoria o convalida dei contratti, altrimenti nulli, conclusi coi privati dalle societa' di capitali (non anche dalle societa' di persone) esercenti attivita' di ingegneria nel periodo dal 1997 al 2012, determinando in tal guisa un'ingiustificata ed irrazionale disparita' di trattamento non solo tra le stesse societa' di ingegneria, ma anche tra le societa' tra professionisti in diversi settori; c) non esisteva nel 2017, ne' esiste oggi, alcun interesse pubblico prioritario, «epocale» o «impellente», o comunque una esigenza di ragionevolezza, per sanare contratti conclusi prima del 2012 e di cui le stesse societa' di ingegneria conoscevano perfettamente l'invalidita' (cfr. al riguardo, per tutte, Cassazione n. 10872/1999, nonche' Sezioni Unite n. 13144/2015). Ne consegue doversi ritenere non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124/2017, per contrarieta' agli articoli 3, 24 e 41, commi 2 e 3 Cost. Va ravvisata altresi' anche l'altra condizione di ammissibilita' della rimessione degli atti alla Corte costituzionale ex art. 1 legge Costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948, costituita dalla rilevanza della norma ai fini della decisione del giudizio in corso. Difatti, come gia' evidenziato sopra, la sentenza gravata ha ritenuto non sussistere la nullita' del contratto dedotta dal Condominio - contratto inizialmente stipulato coi progettisti e poi ceduto alla Ars Mechanica col consenso del Condominio stesso come da delibera in data 9/04/2009 - avendo la Suprema Corte, con la recente sentenza n. 22534/2022, a modifica del precedente orientamento in materia, enunciato il seguente principio di diritto: «il contratto concluso tra soggetti privati e societa' di ingegneria, costituite in forma di societa' di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in forma di societa' cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro quinto del codice civile non e' affetto da nullita' assoluta, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 del codice civile, per avere ad oggetto attivita' riservate al professionista (ingegnere o architetto) iscritto all'albo e vietate alle societa' di capitali od alle cooperative». Orbene, la detta pronuncia di legittimita' ha motivato espressamente al riguardo come segue: «26. Il legislatore e', infine, intervenuto con la legge 14 agosto 2017, n. 124 (Legge sulla concorrenza, Gazzetta Ufficiale n. 189/2017) entrata in vigore il 29 agosto 2017, che all'art. 1, commi 148 e 149, rispettivamente dispone: art. 1, comma 148: In applicazione della legge 7 agosto 1997, n. 266, art. 24, comma 1 sono validi a ogni effetto i rapporti contrattuali intercorsi, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, tra soggetti privati e societa' di ingegneria, costituite in forma di societa' di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in forma di societa' cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro quinto del codice civile. (omissis) art. 1, comma 149: la legge 7 agosto 1997, n. 266, art. 24, comma 2 e' abrogato. 27. Si tratta di disposizioni normative che si pongono in evidente continuita' con la legge n. 266 del 1997, art. 24 (espressamente presente negli atti parlamentari, in particolare pag. 34 della relazione di accompagnamento) di cui il legislatore fornisce, con il comma 148, l'interpretazione autentica, chiarendo che l'efficacia temporale dell'abrogazione della legge n. 1815 del 1939, art. 2 disposta con la legge n. 266 del 1997, art. 24, comma 1, opera dalla data di entrata in vigore di detta legge (Gazzetta Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 1997) e cioe' dall'11 agosto 1997, come disposto nell'art. 32 del medesimo atto legislativo, implicitamente escludendo la necessita' di un'ulteriore regolamentazione, come ritenuto sulla scorta della previsione del medesimo art. 24, comma 2». In buona sostanza, quindi, la sentenza gravata ha escluso la nullita' del contratto de quo proprio attribuendo la natura di interpretazione autentica alla normativa in oggetto: natura di cui deve dubitarsi per le ragioni spiegate; sicche', il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale della normativa medesima (art. 23 comma II della citata legge n. 87/1953).