CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA 
                           Sezione civile 
 
    La Corte di Appello di L'Aquila,  Sezione  civile,  composta  dai
seguenti magistrati: 
        dott. Ciro Marsella Presidente, rel. est.; 
        dott.ssa Barbara Del Bono, consigliere; 
        do.ssa Mariangela Fuina, consigliere. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza ex art. 23, comma  2,  legge
11 marzo 1953, n. 87 nella causa civile di secondo grado, iscritta al
n. 1114/2022 R.G. ed assegnata a decisione all'udienza  tenutasi  con
modalita'  cartolare  in  data  11  luglio  2023,  vertente  tra   il
Condominio  Giusti,  in  persona  dell'amministratore   pro   tempore
rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Camerini, come da  procura
in atti, appellante-appellato incidentale  e  Ars  Mechanica  s.r.l.,
Alaggio Rocco, Di Fabio Franco, Fusco Felice, Sista Maurizio e  Testa
Alessandro rappresentati e difesi dall'avv. Rosario Panebianco,  come
da procura in atti, appellati-appellanti incidentali. 
    oggetto: appello avverso la sentenza n. 600/2022  pubblicata  dal
Tribunale di L'Aquila in data 14 settembre 2022 
 
                          La Corte osserva 
                   in fatto e diritto quanto segue 
 
    Il Condominio appellante ha impugnato  la  sentenza  indicata  in
epigrafe la quale, in parziale accoglimento  della  domanda  proposta
dagli odierni appellati nei  suoi  confronti,  lo  ha  condannato  al
pagamento in loro favore della somma complessiva di  euro  312.607,55
oltre svalutazione ed interessi legali. 
    Lo svolgimento  del  primo  grado  di  giudizio  risulta  esposto
esattamente e compiutamente  dalla  sentenza  gravata  nel  modo  che
segue. 
    Con atto di citazione  ritualmente  notificato,  la  societa'  di
ingegneria Ars Mechanica s.r.l. ed i  relativi  soci  convenivano  in
giudizio il Condominio Giusti, esponendo di essere  stati  incaricati
dallo  stesso  di  effettuare  tutte  le  attivita'  propedeutiche  e
necessarie ad ottenere il  contributo  pubblico  per  la  riparazione
dell'edificio condominiale, gravemente danneggiato dal noto sisma del
2009 con esito di agibilita', provvedendo  a  stesura  del  progetto,
direzione lavori e contabilita'. 
    In  data  20  giugno  2011  veniva  sottoposto  all'assemblea  il
progetto di riparazione con miglioramento sismico, che permetteva  di
conseguire un livello di sicurezza pari al  60%  di  quello  previsto
dalle NTC (Norme Tecniche per le Costruzioni) del 2008, il cui  costo
complessivo sarebbe stato eccedente l'indennizzo massimo  ottenibile;
i condomini optavano quindi per la sostituzione  edilizia,  chiedendo
ai progettisti di predisporre il relativo progetto ed assegnando loro
un termine di trenta giorni a tal fine; i  tecnici  precisavano  come
per  poter  accedere  al  contributo  pubblico  per  la  sostituzione
occorresse in ogni caso  la  previa  presentazione  del  progetto  di
riparazione con miglioramento sismico,  posto  che  la  qualita'  dei
materiali  dell'edificio  esistente,  come  risultante  dalle   prove
eseguite, non era tanto scadente  da  consentire  di  optare  in  via
immediata per la demolizione  e  ricostruzione,  tenuto  conto  anche
della effettiva praticabilita' di tale opzione per gli edifici,  come
quello del Condominio Giusti, siti  nel  Centro  storico,  stante  il
contrasto interpretativo insorto sul punto tra l'Ufficio  urbanistica
e l'Ufficio  ricostruzione  del  Comune;  in  ogni  caso,  era  stata
predisposta una ipotesi progettuale  con  particolare  riguardo  alla
parte strutturale, gia'  sottoposta  alla  Ditta  appaltatrice  Cons.
Coop., la quale aveva anticipato che  avrebbe  potuto  realizzare  il
nuovo edificio con l'importo del contributo massimo erogabile per  la
riparazione. 
    Il progetto  di  riparazione  con  miglioramento  sismico  veniva
presentato al Comune di L'Aquila in data 26 agosto 2011; tuttavia,  a
seguito  dei  rilievi  presentati  dalla  Commissione  ristretta  dei
condomini all'assemblea del 12 ottobre 2011,  il  Condominio  stesso,
alla successiva assemblea del 24  ottobre  2011,  ove  i  progettisti
depositavano una propria memoria, deliberava la revoca  dell'incarico
in ragione del venir meno del rapporto fiduciario,  a  seguito  delle
asserite inadempienze dei professionisti, nonche'  l'affidamento  del
progetto di demolizione e ricostruzione ad altro professionista; tale
delibera non veniva revocata dal Condominio,  nonostante  la  lettera
con richiesta di risarcimento inviata dai progettisti il  3  novembre
2011; indi, con successiva delibera del 23 marzo 2012, il  Condominio
affidava ai progettisti medesimi l'incarico di redigere gli elaborati
necessari per rispondere alle osservazioni della P.A.,  nella  specie
la c.d. Filiera, sul progetto di riparazione presentato. Le attivita'
svolte - progetto di riparazione con miglioramento sismico e risposta
alle osservazioni anzidette - venivano regolarmente remunerate con la
corresponsione del compenso pari ad euro 146.796,54 oltre accessori. 
    Gli attori chiedevano quindi, ai sensi dell'art.  10,  comma  II,
legge n. 143/1949, il risarcimento dei danni conseguiti  alla  revoca
dell'incarico,  siccome   colpevole   e   quindi   illegittima,   non
corrispondendo  al  vero  quanto  riportato  dalla  relazione   della
Commissione ristretta dei condomini  del  12  ottobre  2011  e  posto
peraltro a base del recesso: gli  attori  medesimi,  in  particolare,
contestavano l'assunto, contenuto in tale relazione, secondo cui essi
progettisti, nonostante il Condominio avesse piu'  volte  manifestato
la volonta' di procedere alla demolizione  e  ricostruzione,  avevano
predisposto unicamente un progetto di riparazione  con  miglioramento
sismico con un livello di sicurezza pari al 60%  di  quello  previsto
dalle NTC 2008, che il Condominio aveva approvato e poi depositato in
Comune unicamente per l'imminente scadenza  al  30  giugno  2011  del
termine per il deposito; parimenti infondato, secondo i  progettisti,
era l'assunto, sempre contenuto nella citata relazione,  secondo  cui
non sarebbe stato rispettato il termine di trenta giorni (in se'  non
congruo  ed  attuabile  ne',  peraltro,  necessario),  dato  che   la
redazione del  progetto  di  riparazione  con  miglioramento  sismico
dell'edificio era comunque necessaria per  consentire  alla  pubblica
amministrazione di valutarne i costi e, dunque, il superamento o meno
del limite di convenienza, onde determinare l'importo del  contributo
pubblico concedibile; d'altra  parte,  la  possibilita'  di  accedere
all'opzione  di  demolizione  e  ricostruzione   appariva   all'epoca
incerta, essendo l'edificio compreso nel Centro storico,  trattandosi
di questione risolta positivamente solo  con  la  Circolare  a  firma
congiunta dei dirigenti dei Settori ricostruzione e  urbanistico  del
Comune del 31 dicembre 2011; ancora, alla  citata  assemblea  del  20
giugno 2011, i condomini avevano potuto visionare  uno  stralcio  del
progetto  del  nuovo  edificio,  che  i  progettisti   avevano   gia'
sottoposto alla impresa appaltatrice  Cons.  Coop.,  la  quale  aveva
asserito di poter demolire e ricostruire l'edificio con il contributo
pubblico senza chiedere costi aggiuntivi ai Condomini. 
    Pertanto,  gli  attori  chiedevano  il  risarcimento  del   danno
patrimoniale costituito dal lucro  cessante,  pari  al  compenso  che
avrebbero conseguito per il progetto di demolizione e  ricostruzione,
con  annesse  pratiche  catastali,  determinato  sulla   base   della
Convenzione ordini professionali e  Dipartimento  protezione  civile,
pari ad euro 312.607,55 oltre oneri previdenziali ed iva; nonche' del
danno non patrimoniale all'immagine  professionale,  quantificato  in
pari misura, dato che le delibere assembleari contenenti gli asseriti
inadempimenti dei  progettisti  erano  confluite  nel  fascicolo  del
procedimento  attinente  l'erogazione  del  contributo,   liberamente
consultabile da tutti coloro, tecnici od impiegati della Filiera, che
fossero a vario titolo interessati all'appalto. 
    Gli stessi, in subordine, nel caso  di  reiezione  della  domanda
risarcitoria, chiedevano la maggiorazione del compenso  nella  misura
del 25% prevista a titolo indennitario dal combinato  disposto  degli
articoli 10, I comma e 18 legge n. 143/1949. 
    Si costituiva in giudizio il Condominio, il quale eccepiva in via
preliminare la carenza di legittimazione attiva  degli  attori  ingg.
Franco Di Fabio, Rocco Alaggio, Maurizio Sista, Alessandro  Testa  ed
arch. Felice Fusco: cio'  per  essere  i  rapporti  contrattuali  del
Condominio intercorsi unicamente con Ars Mechanica s.r.l., quantomeno
a decorrere dal  9  aprile  2010,  come  risultante  dal  verbale  di
assemblea in pari data prodotto da parte attrice, sebbene  lo  stesso
non fosse mai stato posto in forma scritta come piu' volte  richiesto
dall'Assemblea  e,  peraltro,  senza  che  la  societa'  avesse   mai
precisato la ripartizione degli incarichi  e/o  fornito  le  garanzie
assicurative in  punto  di  responsabilita'  professionale;  eccepiva
altresi', il Condominio, la nullita' del contratto stipulato  con  la
societa', siccome contrario al divieto di svolgere l'attivita' de qua
nella forma  delle  societa'  commerciali  prevista  dalla  legge  n.
1815/1939 e successive modifiche, venuto meno solo con  la  legge  n.
183/2011, art. 10, comma II e con decorrenza dal 1° gennaio 2012; nel
merito, indi, quanto all'oggetto del contratto,  adduceva  che  dalla
disamina  delle  delibere  assembleari  in  atti  emergeva  come   il
contratto stesso avesse avuto ad oggetto unicamente  il  progetto  di
riparazione  con  miglioramento  sismico   e,   successivamente,   la
redazione    delle    osservazioni     richieste     nell'istruttoria
amministrativa  dello  stesso,  entrambi  pacificamente   retribuiti;
ancora, contestava che l'oggetto del contratto  investisse  anche  il
progetto per la demolizione e ricostruzione, dato  che  l'incarico  a
tal fine affidato all'assemblea del 20 giugno  2011  con  termine  di
trenta giorni non era stato accettato dalla Ars Mechanica s.r.l.,  la
quale non aveva esibito in quella sede ai condomini alcun progetto di
ricostruzione (essendo le e-mail  prodotte  in  atti  intercorse  con
soggetto diverso dal Condominio), ne' lo aveva mai predisposto;  onde
cio' che era stato oggetto di successiva revoca il 20  novembre  2011
non era stato l'incarico bensi' la mera proposta contrattuale, con la
conseguente inapplicabilita'  del  disposto  dell'art.  10  legge  n.
143/1949, sia riguardo all'indennizzo che riguardo  al  risarcimento:
l'incarico conferito nella  specie,  ossia  quello  di  progettazione
della riparazione con miglioramento sismico, non aveva subito  alcuna
revoca o sospensione; in ogni caso,  il  Condominio  stesso  deduceva
l'infondatezza della domanda di risarcimento, difettando il carattere
della colpevolezza del recesso, dato che  le  affermazioni  contenute
nella relazione dei condomini costituivano mere ricognizioni di fatti
accaduti; inoltre, era infondato l'assunto di parte  attrice  secondo
cui  la  normativa  emergenziale  imponesse  la   previa   redazione,
comunque, di un progetto di riparazione con miglioramento sismico per
poter accedere al contributo per la demolizione e ricostruzione,  ne'
risultavano  sussistenti  i  dubbi  interpretativi  dei  vari  uffici
comunali in ordine alla possibilita' di procedere alla demolizione  e
ricostruzione del Condominio Giusti in quanto sito in Centro storico,
essendo tale  possibilita'  gia'  prevista  anche  dal  provvedimento
Comunale n. 3384/2010 del 13 gennaio 2010 pubblicato il  17  dicembre
2010 nonche', in generale, dalla delibera comunale n. 78 del 4 luglio
2011; il progetto di ricostruzione avrebbe  dovuto  o  almeno  potuto
essere presentato insieme a quello di  riparazione,  come  evincibile
dall'elenco dei documenti da allegare alla domande di  contributo  di
cui al decreto del commissario delegato n. 40 del 4 febbraio 2011  ed
alla relativa circolare applicativa n. 3415/STM del 27  luglio  2011,
redatta a chiarimento degli incombenti necessari per  le  domande  di
sostituzione edilizia. 
    Il Condominio aveva invece presentato la  domanda  di  contributo
alla  stregua  dell'art.  4  OPCM  n.  3978  dell'8   novembre   2011
prevedente, in caso di  opzione  per  la  sostituzione  edilizia,  il
deposito del progetto entro novanta  giorni  dal  riconoscimento  del
contributo, mentre era ovvio il prioritario interesse dei condomini a
rientrare il prima possibile nelle proprie case, come  avvenuto  solo
nel 2016, circa due anni  piu'  tardi  rispetto  agli  altri  edifici
compresi nella stessa area di Santa Maria di Farfa. 
    Ancora, ad avviso del Condominio, parte  attrice  non  aveva  mai
fornito  legaranzie  assicurative   in   punto   di   responsabilita'
professionale; la proposta di intervento di cui all'assemblea  del  7
ottobre 2010 non era stata  sottoposta  previamente  ai  condomini  e
mancava di alcune tavole; ne' parte  attrice  aveva  mai  ottemperato
agli  inviti  a  sottoporre  ai  condomini  i  progetti  prima  delle
assemblee  e  neppure  rispettato  il  termine  di   trenta   giorni.
Assegnatole all'assemblea del 20 giugno 2011; l'impresa  aveva  fatto
redigere a terzi il computo metrico  (come  risultante  dalla  e-mail
agli atti); la scadenza del termine per la presentazione del progetto
di riparazione era fissata originariamente per il 30 giugno  2011  ed
era stata solo in pari data prorogata con apposito provvedimento;  la
revoca risultava pertanto legittima, alla luce della grave negligenza
della stessa societa'. 
    Il Condominio deduceva poi che,  sebbene  non  redatto  in  forma
scritta, il contratto inter partes recepiva il modello di Convenzione
ordini professionali e Dipartimento protezione civile,  il  cui  art.
15, impropriamente denominato rescissione del  contratto,  attribuiva
alla committente il diritto di recedere  dal  contratto  in  caso  di
ritardi  e/o  inadempimenti  del  professionista,  con   obbligo   di
pagamento proporzionale delle  prestazioni  effettivamente  svolte  e
facendo salvo il risarcimento del  danno  patito  dal  committente  a
causa dell'inadempimento; deduceva, altresi', che l'esistenza  di  un
accordo in ordine al compenso escludeva la possibilita' di richiedere
l'indennizzo ai sensi dell'art.  10,  comma  I,  legge  n.  143/1949;
contestava, infine, la sussistenza del  preteso  danno  all'immagine,
rilevando in particolare che il solo verbale  assembleare  consegnato
dal Condominio al Comune era quello del 20 giugno 2011, il quale  non
conteneva alcun riferimento al recesso. 
    Pertanto,  il  Condominio  concludeva  chiedendo  dichiararsi  la
carenza  di  legittimazione  attiva  degli  attori  persone  fisiche,
l'accertamento della nullita' dei contratti inter partes e, comunque,
il rigetto delle avverse pretese. 
    Assegnati i richiesti termini ex art.  183  VI  comma  codice  di
procedura civile - avvalendosi dei quali parte attrice formulava  una
domanda subordinata di indennizzo ex  art.  2041  codice  civile  per
l'ipotesi di ritenuta nullita' contrattuale, contestando altresi'  la
dedotta insussistenza di un incarico complessivo  comprendente  anche
la progettazione della ricostruzione - la causa veniva  istruita  con
prove documentali ed orali: in particolare, mediante l'interrogatorio
formale dell'Amministratore del Condominio (Basile), il quale  negava
che i progettisti avessero portato all'assemblea del 24 ottobre  2011
gli elaborati grafici inerenti la ricostruzione e che egli si sarebbe
rifiutato di riceverli; nonche' mediante l'assunzione  dei  testi  di
parte attrice: Castellucci, moglie del Sista, la quale  riferiva  che
all'assemblea del 24  ottobre  2011  i  progettisti  avevano  portato
cinque o sei  voluminose  cartelle,  che  furono  aperte  ed  esibite
all'assemblea mostrando degli  elaborati  progettuali,  prospetti  di
facciata, e che l'Amministratore non volle essere presente; teste  Di
Carlo Montignani, altra condomina, che in  detta  assemblea  riferiva
che i progettisti portarono delle cartelle, dicendo che contenevano i
progetti ultimati, ma  l'amministratore  rifiuto'  di  prenderli  per
intervenuta scadenza del termine, dichiarando di  non  aver  visto  i
contenuti della suddette cartelle; entrambe riferivano  poi  che  nel
maggio-giugno 2011 videro separatamente  i  progetti  dei  rispettivi
appartamenti;  indi,  all'esito  dell'istruttoria  svolta,  la  causa
veniva trattenuta in decisione. 
    In  motivazione,  il  primo  giudice  ha   svolto   le   seguenti
argomentazioni in fatto e in diritto. 
    §A. Non sussiste affatto la nullita' del  contratto  dedotta  dal
Condominio - contratto inizialmente stipulato coi progettisti  e  poi
ceduto alla Ars Mechanica col consenso del Condominio stesso come  da
delibera in data 9 aprile 2009 - avendo  la  Suprema  Corte,  con  la
recente  sentenza  n.   22534/2022,   a   modifica   del   precedente
orientamento in materia, enunciato il seguente principio di  diritto:
«il contratto concluso tra soggetti privati e societa' di ingegneria,
costituite in forma di societa' di capitali di cui ai capi  V,  VI  e
VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in  forma
di societa' cooperative di cui al capo I del titolo VI  del  medesimo
libro quinto del codice civile non e' affetto da  nullita'  assoluta,
ai sensi degli articoli 1418 e 2231 del codice civile, per  avere  ad
oggetto  attivita'   riservate   al   professionista   (ingegnere   o
architetto) iscritto all'albo e vietate alle societa' di capitali  od
alle cooperative». 
    §B.  Quanto  all'oggetto  del  contratto  stipulato  nel  2009  -
pacifico  essendo  il  successivo  conferimento   di   incarico   per
rispondere    alle    osservazioni    presentate    dalla    pubblica
amministrazione - non  puo'  condividersi  l'assunto  del  Condominio
secondo  cui  esso  ebbe  ad  oggetto  unicamente  il   progetto   di
riparazione con miglioramento sismico: cio'  in  quanto,  sebbene  le
parti non abbiano mai formalizzato per  iscritto  l'intero  contenuto
del negozio e debba quindi  ricostruirsene  la  volonta'  sulla  base
delle delibere assembleari versate in  atti,  oltre  che  della  loro
complessiva condotta tenuta anche successivamente, un'interpretazione
di buona fede,  che  valorizzi  sia  l'intenzione  delle  parti,  sia
l'interesse dei condomini che  il  contratto  serviva  a  soddisfare,
cioe' quello di  recuperare  l'agibilita'  delle  proprie  abitazioni
pregiudicate dal sisma, usufruendo dei contributi  pubblici  previsti
dalla normativa del dopo sisma (decreto-legge n.  39/2009  convertito
in legge  n.  77/2009,  attuata  con  le  numerose  OOPPCCMM  emanate
successivamente), «induce a ritenere che l'oggetto della  prestazione
affidata   alla   parte   attrice   abbracciasse   in   realta'    ed
alternativamente entrambe le soluzioni possibili a tale  fine,  ossia
riparazione con miglioramento sismico o demolizione e ricostruzione». 
    §C. E' pur vero che nella delibera assembleare del 13 luglio 2009
si conferisce ai tecnici in essa indicati l'incarico citato nel punto
primo dell'o.d.g., prevedente la valutazione  dei  danni  subiti  dal
sisma del 6 aprile  2009,  la  direzione  dei  lavori,  il  controllo
strutturale e la responsabilita' dei lavori, senza operarsi  espresso
riferimento alla progettazione; tuttavia, deve  ritenersi  che  anche
tale ultima prestazione fosse inclusa, stante che  la  direzione  dei
lavori non e' configurabile qualora i lavori stessi non  siano  stati
previamente progettati, non risultando  peraltro  che  il  Condominio
avesse  nominato  altri  tecnici  per  svolgere  tale  indispensabile
prestazione;  ancora,  la  proposta   di   intervento   sull'edificio
condominiale  presentata  al  Comune  di  L'Aquila,  affinche'  fosse
inserita nel programma di ripristino «a breve» previsto per il Centro
storico,  includeva   alternativamente   sia   la   riparazione   con
miglioramento sismico che la ricostruzione. 
    §D. A fronte della intervenuta revoca dell'incarico di  cui  alla
delibera assembleare del 24 ottobre 2011, gli attori chiedono in  via
principale il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 10  comma  II
legge n. 143/1949, assumendo il carattere colpevole  del  recesso  da
parte del committente. Tale norma si applica  -  secondo  la  Suprema
Corte - non solo ai casi di «sospensione» dell'incarico  testualmente
previsti per l'ingegnere o  architetto,  ma  anche  alle  ipotesi  di
recesso del committente: si tratta di una disposizione  contenuta  in
legge  speciale,  fatta  salva  espressamente  dall'art.  2230  comma
secondo del codice civile; peraltro, il  diritto  al  risarcimento  o
architetto non deriva dal fatto  puro  e  semplice  del  recesso  del
committente, occorrendo che questo sia colpevole. 
    §E. Il recesso del committente va ritenuto colpevole  e,  quindi,
illegittimo, se non  sorretto  da  una  giusta  causa,  cioe'  da  un
inadempimento del professionista, facendo cosi' sorgere il diritto al
risarcimento del danno. 
    Nella specie, l'inadempimento addotto dal Condominio a  base  del
recesso e' costituito dal fatto che  i  professionisti  non  avessero
predisposto il progetto di ricostruzione dell'edificio, nonostante si
trattasse della scelta piu' volte  manifestata  dai  condomini:  cio'
neppure a seguito  della  richiesta  di  predisporre  una  bozza  del
progetto stesso entro trenta giorni, formulata all'assemblea  del  20
giugno  2011,  in  cui  veniva  indi  approvato  il   solo   progetto
predisposto, cioe' quello di riparazione con  miglioramento  sismico,
data l'incombente scadenza del termine per la presentazione. 
    In buona sostanza, secondo il  Condominio  -  opina  la  sentenza
gravata - si poteva procedere alla diretta predisposizione  del  solo
progetto  di  demolizione  e  ricostruzione:  «assunto  avallato  dal
provvedimento del Comune di L'Aquila n. 3384/10 del 13  gennaio  2010
pubblicato il 17 dicembre 2010, che avrebbe rimesso  in  sostanza  la
scelta agli stessi progettisti e nell'insussistenza di  problematiche
di tipo urbanistico, alla stregua  dell'art.  30  legge  n.  18/1983,
dell'art. 30 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001,
della delibera del Consiglio comunale n.  108/09  e  come  da  ultimo
specificato dalla circolare n. 78 del Comune del 4 luglio  2011  (vd.
nota comitato ristretto condomini verbale assemblea  del  12  ottobre
2011 e verbale assembla del 24 ottobre 2011,  all.ti  9,10  11  fasc.
attoreo)». 
    §F. Gli attori sostengono, invece, la infondatezza degli addebiti
loro  mossi,  dovendo  essi  procedere  necessariamente  alla  previa
redazione di un progetto di riparazione con miglioramento sismico  e,
peraltro,  sussistendo  uno  specifico  profilo  di   problematicita'
relativo alla eventuale  demolizione  e  ricostruzione  dell'edificio
Giusti, dal momento che esso era situato nel Centro storico e che sul
punto era  insorta  una  divergenza  interpretativa  tra  il  settore
urbanistico del Comune e quello deputato all'emergenza sisma. 
    §G. Posto quanto precede, secondo il primo giudice va ritenuta la
insussistenza - lamentata dai professionisti -  degli  addebiti  loro
mossi. 
    Difatti, il citato  provvedimento  comunale  n.  3384/10  del  13
dicembre 2010 pubblicato il 17 dicembre 2010,  con  riferimento  alla
proposta  di  intervento  sull'immobile,  ricadente  nella  Zona   di
intervento  di  risanamento  conservativo   e   avente   ad   oggetto
ristrutturazione edilizia con miglioramento o eventuale demolizione e
ricostruzione, pur rilevando «la parziale difformita' della  proposta
allo strumento urbanistico vigente, ricadendo l'intervento nella Zona
A - Centro storico della citta' art. 54-57  NTA  dove  sono  previsti
interventi di restauro e  risanamento  conservativo»,  accoglieva  la
proposta di intervento sull'edificio acquisita agli atti del  Comune,
ritenuta compatibile col piano di ricostruzione  dei  Centri  storici
previsto dal decreto del Commissario  delegato  n.  3/2010,  tuttavia
«rinviando agli esiti della valutazione tecnica ex  art.  5  OPCM  n.
3881/10 la definitiva verifica della natura edilizia  dell'intervento
proposto e la sua conformita' con il PRG al fine di attivare la  piu'
idonea procedura finalizzata alla realizzazione dello stesso». 
    In altri termini, la scelta tra le due  possibilita'  prospettate
(riparazione/ricostruzione) era rinviata sia alla valutazione tecnica
da compiersi ai fini del contributo pubblico alla stregua dell'art. 5
OPCM 3881/2010 da parte degli organi della  pubblica  amministrazione
deputati all'esame delle domande di  contributo  (all'epoca  la  c.d.
Filiera Fitecna Cineas ReLuis), sia al vaglio di  compatibilita'  con
il PRG e, dunque, non alla mera scelta dei progettisti. 
    Sotto il primo profilo, secondo la sentenza gravata  e'  corretta
la  deduzione  attorea  in  ordine  alla  necessita'  di  predisporre
previamente un progetto di riparazione con miglioramento sismico,  al
fine di verificare il c.d. limite  di  convenienza  e  l'entita'  del
concedibile  per  l'intervento  di   demolizione   e   ricostruzione,
trattandosi di quanto previsto dall'art. 5  commi  I  e  IV  OPCM  n.
3881/2010. 
    E' vero che la successiva OPCM n. 3889/2010 modificava  il  testo
del V comma dell'art. 5 OPCM n. 3881/2010, escludendo  la  necessita'
di valutare la convenienza economica nei casi ivi previsti,  tra  cui
quelli dell'edificio in cui le  prove  compiute  sul  cemento  armato
fossero inferiori agli 8 Mega Pascal; ma non si tratta  del  caso  di
specie, dato che gli esiti delle prove agli atti  attestavano  valori
eccedenti  detto  limite  sia  per  le  travi  che  per  i  pilastri:
circostanza,  questa,  illustrata  ai  condomini  all'assemblea   del
20/06/11, ove si spiegava che le prove  eseguite  attestavano  che  i
materiali erano di scarsa qualita', ma non cosi' bassa da  permettere
l'immediato accesso alla demolizione e ricostruzione. 
    Sotto il secondo profilo, la citata OPCM n. 3881/2010 fa salvi  i
vincoli esistenti, ponendo cosi' il problema della praticabilita'  di
un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio posto nel
Centro Storico; d'altra parte, esistevano effettivamente, sul  punto,
dubbi interpretativi e divergenze  tra  i  vari  settori  del  Comune
coinvolti nella ricostruzione, come desumibile dal fatto che prima vi
fu un intervento esplicativo del Comune con la circolare n. 78 del  4
luglio 2011,  emanata  peraltro  a  ridosso  della  scadenza  per  la
presentazione delle domande di contributo  del  31  agosto  2011;  e,
successivamente, una circolare congiunta dei  dirigenti  del  Settori
emergenza sisma e ricostruzione privata e del Settore edilizia del 22
dicembre 2011 la quale, per la zona A del PRG in cui  si  trovava  il
Condominio  Giusti,  ossia  il  Centro  storico,  prevedeva  che   la
possibilita' di demolizione e ricostruzione  fosse  subordinata,  per
gli edifici non aventi interesse artistico, al superamento del limite
di convenienza di cui alla OPCM n. 3881/2010. 
    §H. Ne' puo' dirsi - secondo il primo giudice - che  i  condomini
si fossero convinti univocamente della necessita'  di  demolizione  e
ricostruzione in base al verbale del 23 maggio 2011, dato che in tale
sede  si  esponeva  semplicemente   una   possibilita'   non   ancora
verificata, costituita dall'impossibilita' di raggiungere  il  minimo
di sicurezza sismica per la riparazione. 
    Trattandosi  allora  di   questioni   che   apparivano   alquanto
complesse, «era proprio percio' doveroso provvedere con attenzione  e
cautela nel vagliare l'operato dei progettisti e la correttezza della
loro prestazione; ne' appaiono poi rilevanti le  ulteriori  doglianze
dedotte dal Condominio in  questa  sede  (alcune  neppure  menzionate
nella citata nota del comitato dei Condomini e non in  nesso  causale
col recesso) ne', in  particolare,  la  mancata  predisposizione  del
progetto di ricostruzione entro il termine di trenta giorni  previsto
all'assemblea del 20 giugno 2011 ne' entro  la  successiva  assemblea
del 24 ottobre 2011, trattandosi di un aspetto di  scarsa  importanza
rispetto all'interesse dei Condomini: il  progetto  di  ricostruzione
avrebbe dovuto  comunque  confortarsi  con  le  determinazioni  della
Filiera all'esito dell'esame del progetto di riparazione ed attendere
la conclusione  del  relativo  procedimento,  da  cui  sarebbero  poi
decorsi i novanta giorni per la presentazione del progetto del  nuovo
edificio (cosa avvenuta solo nel febbraio 2013,  ed  all'esito  della
risposta alle osservazioni formulate  dalla  P.A.,  cui  provvide  la
parte attrice su richiesta del Condominio, vd. all.24 fasc.  attoreo)
sicche' non aveva una reale ed apprezzabile utilita' dei Condomini ad
esaminarlo in un tempo cosi' stringente». 
    §I. Conclusivamente, non essendo il recesso assistito  da  giusta
causa, sussiste il diritto  di  parte  attrice  al  risarcimento  dei
conseguenti danni; «sul punto,  se  e'  provato  il  danno  da  lucro
cessante, consistente nella perdita della somma netta costituente  il
compenso previsto per le  successive  attivita'  ad  altri  affidate,
opportunamente decurtato in conformita' alle previsioni  dell'accordo
Protezione civile/Ordini professionali per le prestazioni inerenti la
ricostruzione  post-sisma  nella  misura  di  euro  312.607,55,   con
rivalutazione (trattandosi di debito di valore) ed interessi al tasso
legale che appare opportuno far  decorrere  dal  momento  in  cui  il
compenso non  conseguito  per  effetto  della  revoca  sarebbe  stato
presumibilmente incassato; il Condominio ha allegato come i condomini
rientrarono in possesso delle proprie case del 2016, affermazione non
contestata; deve desumersi che alla data indicata  i  lavori  fossero
tutti conclusi e quindi certamente maturato il diritto al compenso  e
non avuto per  effetto  dell'illecito;  si  reputa  pertanto  di  far
decorrere gli accessori dal 1° gennaio 2016, da calcolarsi secondo  i
noti criteri di cui alla sentenza SS.UU.1712/95».  
    §L. Da ultimo, per il Tribunale non vi  e'  invece  prova  alcuna
dell'asserito danno alla reputazione professionale, dato che  per  un
verso non e'  stata  contestata  l'affermazione  di  parte  convenuta
secondo cui il verbale assembleare  contenente  il  recesso  non  era
stato prodotto al fascicolo amministrativo della  ricostruzione;  per
altro verso e comunque, non era stata  fornita  alcuna  prova  di  un
qualche discredito della parte attrice a seguito del recesso. 
    Avverso tale sentenza ha interposto appello il Condominio Giusti,
affidandolo ai seguenti motivi: 
        §1.  Illegittimita'  costituzionale  dei  commi  148  e   149
dell'art. 1 della legge n.  124  del  14  agosto  2017  (Legge  sulla
concorrenza) entrati in vigore il  29  agosto  2017,  per  violazione
degli articoli 3, 24 e 41, commi 2 e 3, della Costituzione; per  cui,
all'esito della pronuncia della Corte  costituzionale,  dichiarazione
della nullita' di tutti i contratti d'opera intellettuale  intercorsi
tra la  s.r.l.  Ars  Mechanica  e  il  Condominio  Giusti,  con  ogni
conseguenziale statuizione. 
        §2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss.
del  codice  civile  nell'individuazione  dell'oggetto  dell'incarico
affidato alla Ars Mechanica s.r.l.; falsa rappresentazione dei  fatti
di causa; contraddittorieta' manifesta. 
        §3. Violazione e falsa applicazione  dell'art.  10  legge  n.
143/1949: omessa pronuncia sulla questione di non applicabilita' alla
fattispecie della legge professionale. 
        §4. Violazione e falsa applicazione  dell'art.  10  legge  n.
143/1949: errata rappresentazione dei fatti di causa. 
    Pertanto, il  Condominio  appellante  ha  formulato  le  seguenti
conclusioni: 
        «Voglia la Corte adita, contrariis rejectis, in riforma della
sentenza impugnata, e previa  sospensione  della  esecutivita'  della
stessa: 
          1) sollevare la questione  di  legittimita'  costituzionale
dei commi 148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124 del 14 agosto 2017
(legge sulla concorrenza) entrati in vigore il  29  agosto  2017  per
violazione dell'art. 3 e 24  della  Costituzione  e  dell'art.  6  e,
all'esito della pronuncia della Corte costituzionale,  dichiarare  la
nullita' di tutti i ctratti d'opera intellettuale intercorsi  tra  la
s.r.l. Ars Mechanica e il Condominio Giusti, con ogni  conseguenziale
statuizione; 
          2) in ogni caso, rigettare le  domande  proposte  in  prime
cure dagli appellati, in quanto infondate in fatto e in diritto; 
          3) con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle
spese e competenze del doppio grado del giudizio». 
    Parte  appellata  ha  chiesto   l'accoglimento   delle   seguenti
conclusioni: 
        in via preliminare, accertarsi il difetto  di  legittimazione
attiva dell'amministratore  del  Condominio  Giusti  -  dato  che  la
delibera assunta dall'assemblea dei condomini in data 27 ottobre 2022
per il conferimento della procura al legale per la proposizione della
lite era stata adottata in carenza del quorum  deliberativo  previsto
dall'art. 1136 codice civile e costituito, in particolare,  dal  voto
favorevole di condomini rappresentanti almeno  la  meta'  del  valore
dell'edificio, laddove i n. 8 condomini  intervenuti  rappresentavano
solamente 499,19 millesimi - e, per l'effetto, dichiararsi nulla  e/o
inammissibile l'impugnazione della sentenza gravata; 
        nel  merito,  respingersi  l'appello  del  Condominio  Giusti
siccome inammissibile e comunque infondato in  fatto  e  in  diritto,
previa   declaratoria   della   irrilevanza   e/o   della   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dei commi
148 e 149 dell'art. 1 della legge n. 124 del 14 agosto 2017 sollevata
dal Condominio appellante e, per l'effetto, confermarsi  la  sentenza
impugnata; 
        in  via  subordinata,  nel  caso  di  denegato   accoglimento
dell'appello, condannare il Condominio Giusti al pagamento in  favore
dei deducenti della somma di euro 36.699,14, oltre oneri accessori di
legge, a titolo di indennizzo previsto dagli articoli 10, comma 1,  e
18, comma 1, della legge n. 143/1949; 
        in accoglimento dell'appello  incidentale  condizionato,  nel
caso  di  declaratoria   della   nullita'   dei   contratti   d'opera
intellettuale intercorsi tra Ars Mechanica  s.r.l.  e  il  Condominio
Giusti, in parziale riforma della sentenza impugnata, riconoscersi la
legittimazione attiva  degli  ingg.ri  Rocco  Alaggio,  Francesco  Di
Fabio, Maurizio Sista, Alessandro Testa e  dell'arch.  Felice  Fusco,
soci della societa' di ingegneria Ars  Mechanica  s.r.l.,  a  vedersi
attribuire in danno del Condominio Giusti  le  somme  gia'  liquidate
dalla sentenza di primo grado per le causali in essa affermate; 
        in ogni caso,  con  la  condanna  del  Condominio  Giusti  al
pagamento degli onorari e delle spese del giudizio, ivi  compreso  il
15% per spese generali e oneri accessori, come per legge. 
    All'udienza del giorno 11 luglio 2023, celebrata con le modalita'
della trattazione cartolare, la causa e' stata assunta in  decisione,
con l'assegnazione dei termini di cui  all'art.  190  del  codice  di
procedura civile. 
    La questione di illegittimita' costituzionale dei commi 148 e 149
della legge n. 124 del 14  agosto  2017  (Legge  sulla  concorrenza),
entrati in vigore il 29 agosto 2017, per violazione degli articoli 3,
24 e 41, commi 2 e 3, Cost. - questione in cui si sostanzia il  primo
motivo dell'appello  principale  -  va  ritenuta  non  manifestamente
infondata e rilevante nel  giudizio  in  corso,  cosi'  integrando  i
requisiti previsti dalla legge (art. 1 legge Costituzionale n. 1  del
9 febbraio 1948 e art. 23, comma 2, legge n. 87 dell'11  marzo  1953)
per la sospensione del giudizio e la  trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale: cio' alla luce delle considerazioni di  seguito
svolte,   che   ricalcano    l'iter    logico-giuridico    sviluppato
dall'appellante medesimo. 
    Invero, il Tribunale adito ha, in primo luogo, dato atto  che  il
Condominio Giusti non ha mai intrattenuto rapporti con i  soci  della
s.r.l. Ars Mechanica e che i rapporti intercorsi con quest'ultima non
sono mai stati formalizzati (va, infatti, evidenziato che, nonostante
le ripetute richieste, la societa' di ingegneria non ha mai  indicato
ne' la ripartizione degli incarichi tra i soci, ne' ha voluto fornire
gli estremi della polizza assicurativa professionale della societa' o
dei singoli soci, obbligatoria ex art. 3  della  legge  n.  138/2011,
convertita con modificazioni nella legge n. 148/2011). 
    Con riguardo al merito, il Giudice unico ha rigettato l'eccezione
di nullita' dei contratti d'opera professionale conclusi tra  privati
e societa' di ingegneria, trascrivendo parte della sentenza n.  22534
del 18  luglio  2022  con  la  quale  la  Suprema  Corte,  a  seguito
dell'intervenuta entrata in vigore del combinato disposto  dei  commi
148 e 149  dell'art.  1  della  legge  n.  124/2017,  ha  dichiarato,
modificando il consolidato orientamento giurisprudenziale di merito e
di legittimita', la validita' dei contratti d'opera professionale tra
privati e societa' di ingegneria in forma di societa' di  capitali  a
far data dall'entrata in vigore della legge n. 266 del 7 agosto 1997. 
    Deve allora premettersi una  ricostruzione  pur  sintetica  della
normativa che ha regolato nel tempo la materia de qua. 
    Il divieto di svolgere attivita' professionale tecnica, legale  e
tributaria in forma societaria, gia'  introdotto  dall'art.  2  della
legge n. 1815/1939 e  successive  modificazioni,  e'  stato  abrogato
dall'art. 24 comma 1 legge n. 266/1997 il quale,  peraltro,  rinviava
ad un apposito regolamento ex art. 17 comma 3 legge n.  400/1988,  n.
400, del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il  Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato  e,  per  quanto  di
competenza, con  il  Ministro  della  sanita'  -  da  emanarsi  entro
centoventi giorni dall'entrata in vigore della stessa disposizione  -
per l'individuazione dei requisiti e delle modalita' per  l'esercizio
delle attivita' di cui all'art. 1 della legge 23  novembre  1939,  n.
1815 in forma societaria. 
    Sennonche', a tale norma non ha mai  fatto  seguito  l'emanazione
del decreto anzidetto;  ragione  per  cui,  ferma  l'abrogazione  del
divieto di esercitare le professioni in forma societaria, la  mancata
emanazione della disciplina attuativa in  ordine  alle  societa'  tra
professionisti ha determinato l'impossibilita'  di  fatto,  da  parte
delle societa' di ingegneria, di operare nei confronti dei privati. 
    Indi, e' stato emanato il decreto-legge n.  223/2006,  convertito
dalla legge n. 248/2006),  il  cui  art.  2  consentiva  di  svolgere
attivita' di ingegneria alle societa' di persone ed alle associazioni
tra professionisti, senza tuttavia estendere tale possibilita'  anche
alle societa' di capitali. 
    Successivamente, l'art. 2 comma 1 del decreto-legge  n.  200/2008
disponeva  l'abrogazione  della  intera  legge   n.   1815/1939;   ma
l'efficacia di tale normativa veniva ripristinata dall'art.  1  della
legge di conversione del citato decreto-legge n. 200/2008,  cioe'  la
legge n. 9/2009. 
    E' infine sopravvenuto l'art. 10  della  legge  n.  183/2011,  il
quale ha definitivamente abrogato il divieto  di  svolgere  attivita'
professionale  tecnica,  legale  e  tributaria  in  forma  societaria
stabilito dalla citata legge n. 1815/1939 e successive modificazioni,
consentendo espressamente  la  costituzione  e  l'operativita'  delle
societa' di capitali tra professionisti iscritti in  albi,  ordini  e
collegi (e, quindi, non solo di ingegneria), per  lo  svolgimento  da
parte dei soci dell'attivita' professionale riservata:  disposizione,
questa, che consente unicamente ai professionisti soci iscritti  agli
albi, agli ordini o collegi anzidetti, lo svolgimento  dell'attivita'
riservata, laddove la partecipazione alla societa' e'  ammessa  anche
da parte di soggetti non iscritti allo scopo di investimento. 
    Nella prospettiva cosi' delineata, deve allora ritenersi che  nel
periodo antecedente al 1° gennaio 2012 - data di  entrata  in  vigore
della citata legge n. 183/2011 - la mancata emanazione  dell'apposito
regolamento del Ministro di  grazia  e  giustizia,  di  concerto  con
quello della Sanita'  e  dell'Industria,  commercio  ed  artigianato,
abbia di fatto inibito gli effetti dell'abrogazione  del  divieto  di
cui all'art. 1 della legge n.  1815/1939,  rimanendo  cosi'  precluso
alle  societa'   di   capitali   lo   svolgimento   delle   attivita'
professionali;  in  particolare,  relativamente  alle   societa'   di
ingegneria in forma di societa'  di  capitali,  e'  rimasto  precluso
l'esercizio dell'attivita'  «riservata»  nei  confronti  dei  privati
(cfr. Cassazione n. 9236/2007 e Cassazione n. 7310/2017). 
    Da ultimo, peraltro, e' sopravvenuta la legge n. 124/2017  (Legge
annuale per il mercato e la concorrenza), secondo il  cui  comma  148
«in applicazione dell'art. 24 comma 1 della legge 7  agosto  1997  n.
266, sono validi a ogni effetto i rapporti  contrattuali  intercorsi,
dalla data di entrata in vigore della medesima  legge,  tra  soggetti
privati e societa' di ingegneria, costituite in forma di societa'  di
capitali»; ed il cui comma 149 abroga espressamente il secondo  comma
dell'art. 24 della stessa legge n. 266/1997. 
    Cio' posto,  il  suddetto  comma  148  viene  ritenuto  norma  di
interpretazione autentica del primo comma dell'art. 24 della legge n.
266/1997 (cosi' Cassazione  n.  22534/2022),  con  l'effetto  di  far
retroagire la validita' dei  contratti  conclusi  dalle  societa'  di
ingegneria in forma di societa' di capitali con  privati  dalla  data
della sua entrata in vigore. 
    Peraltro, la validita' ed efficacia dei  contratti  conclusi  coi
privati da societa'  tra  professionisti  in  forma  di  societa'  di
capitali va correlata non tanto o non solo all'abrogazione, da  parte
del primo comma dell'art.  24  legge  n.  266/1997,  del  divieto  di
svolgere l'attivita' professionale in forma societaria  di  cui  alla
citata legge n. 1815/1939, quanto all'abrogazione del  secondo  comma
dell'art. 24 della legge n. 266/1997,  sintomatica  della  definitiva
rinuncia da parte dell'esecutivo  a  disciplinare  mediante  apposito
regolamento  i  requisiti  e  le  modalita'  per  l'esercizio   delle
attivita' di cui all'art. 1 della pluricitata legge n.  1815/1939  in
forma di societa' di capitali. 
    In  buona  sostanza,  la  ratio  sottesa  alla  introduzione  del
combinato disposto dei commi 148 e 149 dell'art.  1  della  legge  n.
124/2017 va individuata in una sorta di convalida o sanatoria operata
dalla legge in ordine ai contratti nulli conclusi coi  privati  dalle
societa' di ingegneria in forma di societa' di  capitali  negli  anni
dal 1997 al 2012. 
    A questo punto, deve valutarsi la sussistenza di quei presupposti
considerati necessari per l'adozione di una norma di  interpretazione
autentica, comportante deroga al principio di cui all'art.  11  delle
preleggi, secondo il quale «la legge non dispone che per  l'avvenire:
essa non ha efficacia retroattiva». 
    Va premesso al riguardo  che  il  principio  di  irretroattivita'
della legge, seppure affermato dalla  carta  costituzionale  solo  in
ambito  penale  (art.  25,  secondo  comma,  Cost.),  e'  considerato
comunque un principio generale dell'ordinamento, il quale puo' essere
derogato dalla fonte legislativa  di  rango  primario  solamente  ove
ricorrano determinate condizioni. 
    Ma  nella   specie   non   ricorrono   i   presupposti   ritenuti
tradizionalmente  necessari  per  l'emanazione  di   una   norma   di
interpretazione  autentica,   costituiti   dalla   grave   incertezza
normativa e/o dai forti contrasti giurisprudenziali nell'applicazione
della stessa. 
    Invero, la normativa anzidetta, pur articolata, era adeguatamente
chiara; ne' erano presenti anfibologie giurisprudenziali  comportanti
la  necessita'  o,  almeno,  la  opportunita'   dell'intervento   del
legislatore. 
    Neppure  puo'  dirsi  verificatosi  il  consolidamento   di   uno
specifico orientamento giurisprudenziale che risultasse  contrario  a
quanto disposto dal legislatore, vistosi dunque costretto, al fine di
imporre la  propria  interpretazione,  ad  effettuare  un  intervento
correttivo (cfr. Corte costituzionale n. 271/2011, n. 103/2013  e  n.
69/2014):  nella  specie,  difatti,  e'  stato  proprio  il   mancato
intervento per circa venti anni del legislatore, seppure con fonte di
rango secondario, ad  impedire  l'operativita'  dell'abrogazione  del
divieto di esercizio  della  professione  in  forma  di  societa'  di
capitali nel settore privato. 
    Va aggiunto in proposito essere molto significativo come la Corte
costituzionale, con una propria sentenza (la n. 155 del 1990),  abbia
ritenuto la norma al vaglio  di  «natura  pseudo  interpretativa»  e,
quindi,  innovativa,  statuendo  che   «va   riconosciuto   carattere
interpretativo soltanto ad una legge che, fermo  il  tenore  testuale
della norma  interpretata,  ne  chiarisce  il  significato  normativo
ovvero privilegia una tra  le  tante  interpretazioni  possibili,  di
guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle
due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il
significato), le quali rimangono entrambe in  vigore  e  sono  quindi
anche idonee ad essere modificate separatamente». 
    Nella prospettiva cosi' delineata, ai fini che  qui  interessano,
non sembra possa allora dubitarsi che il combinato disposto dei commi
148 e 149 dell'art. 1 della  legge  n.  124/2107  non  abbia  affatto
chiarito un dubbio interpretativo - dubbio  per  vero  insussistente,
non essendovi alcuna difficolta' di interpretazione  nell'abrogazione
di un divieto e nella delega alla fonte secondaria  di  regolamentare
la  costituzione  e  l'operativita'  dell'esercizio  delle  attivita'
professionali riservate in forma  societaria  -  ma  abbia  piuttosto
innovato, in buona sostanza, entrambi i  commi  del  citato  art.  24
della legge n. 266/1997, conseguendone cosi'  la  legittimita'  dello
svolgimento in ambito  privato  della  sola  attivita'  professionale
ingegneristica. 
    Nel detto ordine di concetti, quindi,  non  appare  condivisibile
quanto ritenuto dalla Suprema Corte  nella  sentenza  n.  22534/2022,
citata dalla  decisione  del  Tribunale  di  L'Aquila  oggi  gravata,
secondo cui le disposizioni normative  innovative  sopra  citate  «si
pongono in continuita' con la legge n. 266 del 1997, art. 24 ....  di
cui il legislatore fornisce,  con  il  comma  148,  l'interpretazione
autentica, chiarendo che l'efficacia temporale dell'abrogazione della
legge n. 1815/1939, art. 2 disposta con la legge  n.  266/1997,  art.
24, comma 1, opera dalla data di entrata in vigore di detta legge ...
e  cioe'  dall'«11  agosto  1997  ...  escludendo  la  necessita'  di
un'ulteriore  regolamentazione,  come  ritenuto  sulla  scorta  della
previsione del medesimo art. 24, comma 2». 
    In buona sostanza - come opinato dall'odierno  appellante  -  non
sembra potersi ritenere che la norma abrogatrice del divieto generale
di esercitare tutte le attivita' professionali in  forma  societaria,
col rinviare alla fonte di rango  secondario  l'individuazione  delle
forme e modalita' di svolgimento, contenga in se' il precetto che  le
sole societa' di ingegneria in forma di societa' di  capitali  e  non
anche le societa' di professionisti in altri settori, ne'  quelle  di
ingegneria in forma di societa' di persone,  possono  concludere  coi
privati, dall'entrata in vigore  della  legge,  contratti  validi  ed
efficaci,  senza  la  necessita'   di   ulteriore   regolamentazione,
diversamente che per tutti gli altri settori e  per  le  societa'  di
ingegneria in forma di societa' di persone. 
    Sicche',  le   norme   «interpretative»   sopravvenute,   facendo
decorrere  dal  1997  gli  effetti  della   liberalizzazione   totale
dell'attivita' per le sole societa'  di  ingegneria  nella  forma  di
societa' di capitali, determinano una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento non solo con le  altre  societa'  di  professionisti,  ma
anche con le societa' di ingegneria nella  forma  della  societa'  di
persone. 
    Ne' va sottaciuto come piu' volte la Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo, in materia di  legge  interpretativa,  ne  abbia  ritenuto
l'illegittimita' nei casi in cui la  stessa  venga  utilizzata  dallo
Stato  come  strumento  di  intromissione  nel  corretto  svolgimento
dell'amministrazione  della   giustizia,   in   violazione,   quindi,
dell'art. 6, par. 1 CEDU, al fine di ricavarne  un  esito  favorevole
(cfr. per tutte Arras e altri contro  Italia,  sentenza  14  febbraio
2012; nonche' De Rosa e altri contro  Italia,  sentenza  11  dicembre
2012). 
    Sicche', la stessa Corte costituzionale, proprio  richiamando  la
giurisprudenza europea formatasi sul punto, ha individuato una  serie
di   motivi   idonei   a   giustificare   l'intervento    legislativo
interpretativo e, quindi, retroattivo; segnatamente, ha affermato che
tale intervento deve considerarsi ragionevole qualora sia determinato
da   «ragioni   storiche    epocali»    ovvero    «per    ristabilire
un'interpretazione  piu'   aderente   all'originaria   volonta'   del
legislatore, al fine di  porre  rimedio  ad  un'imperfezione  tecnica
della legge interpretata» (cosi' Corte cost. sentenza n. 1 del  2011,
che richiama a sua volta la precedente  sentenza  n.  311  del  2009;
ancora,  in  ordine  ai  limiti  alla  retroattivita'   delle   norme
interpretative, in ossequio al principio del giusto processo  di  cui
all'art. 6 CEDU, cfr. Corte  costituzionale  sentenze  nn.  308/2013,
170/2013 e 78/2012). 
    Traslando i detti principi al caso in esame, vanno allora  svolte
le seguenti considerazioni: a) il combinato disposto dei commi 148  e
149 dell'art. 1. della legge n. 124/2017, oltre  a  non  rientrare  -
come sopra evidenziato - nel concetto di  norma  di  «interpretazione
autentica» in  forza  del  suo  contenuto  innovativo,  non  rispetta
neppure quel criterio di «ragionevolezza»  che  consenta  alla  norma
retroattiva di infrangere  il  principio  di  certezza  del  diritto,
incidendo su situazioni giuridiche ormai acquisite: b)  l'entrata  in
vigore dei commi 148 e 149  dell'art.  1  pluricitato  ha  comportato
l'effetto di sanatoria o convalida dei contratti,  altrimenti  nulli,
conclusi coi privati dalle societa'  di  capitali  (non  anche  dalle
societa' di persone) esercenti attivita' di  ingegneria  nel  periodo
dal 1997 al 2012, determinando  in  tal  guisa  un'ingiustificata  ed
irrazionale disparita' di trattamento non solo tra le stesse societa'
di ingegneria, ma anche tra le societa' tra professionisti in diversi
settori; c) non esisteva nel 2017, ne' esiste oggi,  alcun  interesse
pubblico  prioritario,  «epocale»  o  «impellente»,  o  comunque  una
esigenza di ragionevolezza, per sanare contratti conclusi  prima  del
2012  e  di  cui  le  stesse  societa'  di   ingegneria   conoscevano
perfettamente l'invalidita' (cfr. al riguardo, per tutte,  Cassazione
n. 10872/1999, nonche' Sezioni Unite n. 13144/2015). 
    Ne consegue doversi  ritenere  non  manifestamente  infondata  la
questione di  illegittimita'  costituzionale  dei  commi  148  e  149
dell'art. 1 della legge n. 124/2017, per contrarieta'  agli  articoli
3, 24 e 41, commi 2 e 3 Cost. 
    Va ravvisata altresi' anche l'altra condizione di  ammissibilita'
della rimessione degli atti alla Corte costituzionale ex art. 1 legge
Costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948, costituita  dalla  rilevanza
della norma ai fini della decisione del giudizio in corso. 
    Difatti, come gia' evidenziato  sopra,  la  sentenza  gravata  ha
ritenuto  non  sussistere  la  nullita'  del  contratto  dedotta  dal
Condominio - contratto inizialmente stipulato coi progettisti  e  poi
ceduto alla Ars Mechanica col consenso del Condominio stesso come  da
delibera in data 9/04/2009 - avendo la Suprema Corte, con la  recente
sentenza n. 22534/2022, a modifica  del  precedente  orientamento  in
materia, enunciato il seguente principio di  diritto:  «il  contratto
concluso tra soggetti privati e societa' di ingegneria, costituite in
forma di societa' di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V
del libro quinto del codice  civile,  ovvero  in  forma  di  societa'
cooperative di cui al capo I del titolo VI del medesimo libro  quinto
del codice civile non e' affetto da nullita' assoluta, ai sensi degli
articoli 1418  e  2231  del  codice  civile,  per  avere  ad  oggetto
attivita'  riservate  al  professionista  (ingegnere  o   architetto)
iscritto all'albo  e  vietate  alle  societa'  di  capitali  od  alle
cooperative». 
    Orbene,  la  detta  pronuncia   di   legittimita'   ha   motivato
espressamente al riguardo come segue: 
        «26. Il legislatore e', infine, intervenuto con la  legge  14
agosto 2017, n. 124 (Legge sulla concorrenza, Gazzetta  Ufficiale  n.
189/2017) entrata in vigore il 29 agosto 2017, che all'art. 1,  commi
148 e 149, rispettivamente dispone: 
          art. 1, comma 148: In applicazione  della  legge  7  agosto
1997, n. 266, art. 24, comma 1 sono validi a ogni effetto i  rapporti
contrattuali intercorsi,  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
medesima legge,  tra  soggetti  privati  e  societa'  di  ingegneria,
costituite in forma di societa' di capitali di cui ai capi  V,  VI  e
VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero in  forma
di societa' cooperative di cui al capo I del titolo VI  del  medesimo
libro quinto del codice civile. (omissis) 
          art. 1, comma 149: la legge 7 agosto 1997, n. 266, art. 24,
comma 2 e' abrogato. 
        27. Si tratta di disposizioni normative  che  si  pongono  in
evidente  continuita'  con  la  legge  n.  266  del  1997,  art.   24
(espressamente presente negli atti parlamentari, in particolare  pag.
34  della  relazione  di  accompagnamento)  di  cui  il   legislatore
fornisce, con il comma 148,  l'interpretazione  autentica,  chiarendo
che l'efficacia temporale dell'abrogazione della legge  n.  1815  del
1939, art. 2 disposta con la legge n. 266 del 1997, art. 24, comma 1,
opera dalla data di  entrata  in  vigore  di  detta  legge  (Gazzetta
Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 1997) e cioe'  dall'11  agosto  1997,
come  disposto  nell'art.   32   del   medesimo   atto   legislativo,
implicitamente   escludendo    la    necessita'    di    un'ulteriore
regolamentazione, come ritenuto sulla  scorta  della  previsione  del
medesimo art. 24, comma 2». 
    In buona sostanza, quindi, la  sentenza  gravata  ha  escluso  la
nullita' del contratto  de  quo  proprio  attribuendo  la  natura  di
interpretazione autentica alla normativa in oggetto:  natura  di  cui
deve dubitarsi per le ragioni spiegate; sicche', il presente giudizio
non puo' essere definito indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione di legittimita'  costituzionale  della  normativa  medesima
(art. 23 comma II della citata legge n. 87/1953).